Recensione
A gran giornate è un romanzo barocco. In diversi sensi.
Intanto ha un intreccio quasi ininfluente, nel senso che è il risultato di una sorta di nevrosi combinatoria di personaggi, storie e stili diversi ma non ha un filo narrativo vero e proprio, riassumibile in forma breve, se non perdendone l'essenza deviante, tanto che risulta a tratti anche difficile da seguire e lascia il lettore straniato.
Lo sviluppo è volutamente, almeno nella percezione di chi scrive, del tutto privo di una sua coerenza interna e quasi affidato al semplice succedersi degli eventi, pacatamente messi in fila con un ritmo insieme caotico e silenzioso.
Non c'è spazio per lo stupore di fronte alle stranezze, a tratti gratuite, che si offrono alla vista - immaginaria - dei lettori: si resta come degli spettatori muti di fronte a una messinscena teatrale di stranezze e situazioni fuori dall'ordinario, come nella wunderkammer di un dotto del XVII secolo.
I personaggi, barocchi nella loro essenza, si mostrano come curiosi specimina raccolti in formalina da qualche erudito a caccia di meraviglie naturali, secondo inclinazioni comuni nella cultura barocca, appunto.
Che l'autore intenda dare vita a una specie di rappresentazione teatrale, sospesa tra l'onirico e il visionario, appare chiaro dalla dissoluzione della trama in una sorta di galleria di personaggi che sono delle maschere, in molti casi anche delle larve - per dirla con una parola che Morandini ha usato come titolo del suo primo romanzo - umane in cerca di fuga dalla realtà.
Strada facendo le piroette esistenziali di questi personaggi assumono un ritmo sempre più nevrotico, sembrano affrettarsi su una strada priva di un obiettivo chiaro, che non sia il mero consumo del tempo come orizzonte di vita: la storia diventa una corsa verso il nulla 'a gran giornate', come recita il sonetto di Petrarca da cui Morandini prende spunto, una versione moderna e strampalata del topos medievale della 'danza della morte' come metafora della vicenda umana.
Nella sarabanda di figure stralunate, le cui strade, tutte devianti dai percorsi ordinari, si incrociano quasi per caso, troviamo un impiegato che viaggia in macchina in compagnia della sua amante, una bambola gonfiabile, un impiegato trasformatosi in bodyguard e freak insieme, coperto di tatuaggi e pronto a prodursi una fessura sulla lingua in modo da averla biforcuta, lo scrittore rifugiatosi in un sanatorio surreale, quasi una montagna incantata, mentre mancano quasi del tutto personaggi femminili, se non con ruoli laterali.
La mania catalografica delle deviazioni umane si estende fino al parossismo, raggiunto con l'elenco dei quarantasette segni dell'invecchiamento di uno dei personaggi, Ollsen, davanti allo specchio, prima di finire vittima di oscure creature carnivore che, ammansite solo dalla musica, finiranno per divorarlo, appena la stanchezza gli impedirà di continuare a strimpellare un pianoforte.
Sicuramente la costruzione stilistica è di impatto, è difficile non subire il fascino musicale di un lessico fatto soprattutto di dissonanze, strepiti, stonature che propongono una visione del mondo in cui ogni stranezza, ogni turbolenza linguistica riflette il senso del ridicolo intrinseco in ogni destino, dal momento che il suo fine è una corsa senza senso - e senza speranza - contro il tempo.
Tanto vale, allora, concedersi delle deviazioni dalla strada maestra e cercare in questo diversivo narrato una distrazione.
Tuttavia rimane la sensazione che tutto questo affastellarsi di situazioni esistenziali, enfasi descrittive, racconti sospesi e il mescolio con un lessico ampollosamente turgido, ricco e a volte gratuitamente complicato toglie al libro la leggerezza, capace di incatenare il lettore alle vicende dei protagonisti, che si trovava nel precedente Rapsodia su un solo tema.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: A gran giornate
- Autore: Claudio Morandini
- Editore: La Linea
- Data di Pubblicazione: 2012
- Collana: Tamtam
- ISBN-13: 9788897462200
- Pagine: 216
- Formato - Prezzo: Brossura - € 14,00
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