Recensione
Allarme rosso, allarme rosso: romanzo a tesi individuato!
Un
allarme insistente ha risuonato nella mia mente sin dalle prime pagine
di questo romanzo. Proprio questo romanzo, che persino reca nel proprio
titolo la parola saggio (come del resto è nel titolo originale di Cecità),
scivola talvolta, ma senza mai perdere l'equilibrio, sul confine con il
romanzo a tesi. Il problema dei romanzi a tesi, è che non puoi
recensirli, a meno di provocarti consapevolmente uno sdoppiamento della
mente. Uno sdoppiamento, dunque, sarà necessario anche in questo caso.
Saggio sulla lucidità è un romanzo bellissimo. Se un tale aggettivo superlativo non fosse così brutalmente abusato nella lingua italiana, potrebbe bastare questa sola frase a rendere giustizia al romanzo. Ma dovrei comunque spiegarne le ragioni. Saggio sulla lucidità è il romanzo definitivo, il romanzo della maturità: quei piccoli, invisibili, vaghi difetti che si vorrebbe trovare negli altri romanzi di Saramago qui sono del tutto assenti, è davvero un grandissimo romanzo, praticamente perfetto sotto ogni punto di vista.
Quando ho letto Cecità, non ha mai smesso di accompagnarmi il ricordo di una frase shakespeariana: "Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi". Il primo romanzo ha dunque dipinto l'epoca dal punto di vista dei ciechi. In Lucidità Saramago passa dalla parte degli idioti. Ciò che entrambe le categorie soffrono è un male bianco: se nel primo romanzo è l'improvvisa cecità mondiale a far crollare la civiltà contemporanea, nel secondo è l'esplosione delle schede bianche, durante una tornata elettorale, a far crollare la democrazia contemporanea. Impressionante è il gioco di specchi tra i due romanzi: nel primo il narratore segue le vicende di un gruppo di cittadini, tacendo del tutto dei governanti, nel secondo il narratore segue le vicende degli uomini di potere, tacendo del tutto dei cittadini.
Ancor più di Cecità, questo è un romanzo sul potere, sulla gestione di esso e sui suoi gestori. Lungo tutto il romanzo Saramago passa in rassegna i gestori del potere, a più livelli: apre con la gerarchia caricaturale di un seggio elettorale, quindi balza direttamente al consiglio dei ministri, per poi passare in rassegna il mondo giornalistico, quello, almeno, più aderente al dettato del governo, e infine le forze dell'ordine. Ciò che più colpisce i potenti, dal dilagare delle schede bianche, è l'impossibilità a comprenderne le ragioni, un'impossibilità che è volutamente un'ambivalente incapacità (non possono capire / non vogliono capire). Un'incapacità che è tale anche per il lettore, per il quale, così come per gli stessi uomini di potere, i cittadini paiono una massa muta, una maggioranza silenziosa che si muove spontaneamente, eppure in perfetta coesione. Solo in un secondo momento cominciano a riapparire i personaggi già visti in Cecità, primi tra tutti ancora una volta il medico e la moglie del medico, ma da essi il lettore avrà le stesse poche informazioni che otterranno le forze dell'ordine preposte.
Ineccepibile nell'analisi spietata dei meccanismi del potere, Saggio sulla lucidità brilla anche, e soprattutto, per il suo stile, per la capacità della sua scrittura, ricordiamo, da Nobel, nonché per una docile, ma consistente invasione dell'autore/narratore nella narrazione (come nel passaggio in cui Saramago in persona interviene per spiegare le sue scelte stilistiche, prima tra tutte quella di non dipingere volutamente l'ambientazione). Un'invasione che si accompagna quasi sempre al romanzo a tesi, con tutte le sue difficoltà e i suoi effetti collaterali.
Ho storto il naso di fronte alla (almeno apparente) contrapposizione rigida tra la massa cittadina e i governanti. Se Saramago può vantare una lucida lungimiranza che gli permette di smontare i meccanismi del mondo, fin troppo semplicistica può apparire almeno inizialmente; fin troppo ingenua appare la contrapposizione di cui sopra. Se la lucidità ritrovata è quella di un popolo che scopre l'inganno di una vana libertà esercitata attraverso il sistema elettorale, Saramago non può tacere, come tace effettivamente, del coinvolgimento diretto, spesso inconsapevole, di questa stessa massa cittadina nei danni perpetrati dai governanti; in parole povere, libero e non libero, consapevole o non consapevole, questo governo l'ha voluto il popolo e nessun altro. Questa ingenuità è certamente perdonabile, ma ha un suo peso non indifferente, e solo parzialmente il rovesciamento operato nelle battute finali sembra rimediare - qualora sia dimostrata legittima l'interpretazione più diffusa, che vi vuole vedere un ritrovato disinteresse del popolo alla gestione della cosa pubblica.
Piccolo altro limite (svantaggiato dalla mancanza di un'ambientazione ben precisa), apparenti anacronismi che già si potevano avvertire all'uscita del romanzo, nel 2004. Posto che manca una precisa ambientazione spaziotemporale, la strategia della tensione inscenata dal governo, le forme di censura preventiva, il controllo di mezzi d'informazione a cominciare dalla radio (!), rimandano inevitabilmente a un passato che cronologicamente pare vicino, ma sociologicamente è lontano. Sarà voluto (del resto Saramago, scomparso due anni fa, appartiene a un'altra epoca più che a questa attuale), ma l'assenza di Internet strappa l'aderenza del romanzo alla realtà attuale e riduce l'immedesimazione. Il rischio è che a una lettura superficiale il messaggio possa apparir lontano, e che si reagisca con l'idea che "ma tanto oggi non potrà mai accadere una cosa del genere". Niente di più sbagliato. Perché il messaggio arriva, chiaro e forte, ed è universale: siamo ancora dei ciechi e ci facciamo ancora governare da degli sciocchi.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Saggio sulla lucidità
- Titolo originale: Ensajo sobre a lucidez
- Autore: José Saramago
- Traduttore: R. Desti
- Editore: Feltrinelli
- Data di Pubblicazione: 2011
- Collana: Universale economica
- ISBN-13: 9788807722738
- Pagine: 302
- Formato - Prezzo: Brossura - 9,50 Euro
Bella recensione!
Ho terminato ora il romanzo ed ancora una volta la grandezza di Saramago non smette di stupirmi.