L'autore
Luca Filippi, romano, è nato nel 1976 sotto il segno del Leone. Dopo gli studi classici ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia. Attualmente lavora come medico ospedaliero. È sposato con Antonella ed è padre di Lucilla e Alessandro. Ama leggere, soprattutto noir e romanzi storici. Nella scrittura cerca di coniugare la passione per il passato con quella per l’indagine scientifica.
Per Leone Editore ha pubblicato L’arcano della Papessa – Intrigo alla corte dei Borgia, I diavoli della Zisa e Sangue giudeo; inoltre, ha scritto i racconti «Il marchio della strega» per l’antologia La superbia (Giulio Perrone Editore) e «La neve a Trieste» per l’antologia Leon Battista Alberti (Albus Edizioni).Scambia opinioni su storia e letteratura attraverso il blog lavibrazionenera.blogspot.com.
Il libro
Roma, 1500. Mentre il Valentino torna da trionfatore nella capitale accolto con tutti gli onori dal padre, papa Alessandro vi Borgia, nella comunità ebraica si susseguono diversi omicidi per avvelenamento. Tiberio di Castro, medico speziale alla corte vaticana, sarà chiamato a indagare sul mistero.
Ma la sua fama di uomo retto attirerà le attenzioni anche di un'ospite particolare. Caterina Sforza è infatti imprigionata a Castel Sant’Angelo, portata a Roma come bottino di guerra dal Valentino, e con le sue arti magiche e seduttive chiederà al giovane speziale di aiutarla nel suo progetto di fuga. Le indagini di Tiberio, introdotto ai misteri del veleno da Caterina, andranno a lambire gli alti vertici della Chiesa, ma qualcuno, nei palazzi del potere, segue con attenzione ogni suo passo, pronto a sacrificarsi per l’oscuro demone che lo governa.
Dopo 'L’arcano della Papessa', Tiberio di Castro torna a indagare sui misteri della Roma rinascimentale.
L'intervista
1) Da Aristotele di Doody a Prodico di Garcia Valiño, senza contare fratello Cadfael di Peters e altri precedenti illustri, presentare polizieschi con ambientazioni storiche sembra essere parecchio di moda. secondo te qual è il motivo? Si tratta di una tendenza del momento destinata a perdersi o ha radici più profonde?
Il meccanismo investigativo alla base del giallo classico (alla Agatha Christie, per intenderci) ha sempre affascinato i lettori. Il delitto può essere concepito, in un certo senso, anche come una intrigante sfida per l’intelletto. L’idea che la mente umana possa rintracciare il movente e l’autore di un gesto tanto efferato ha, di per sé, quasi una valenza consolatoria. Come se dare giustizia alle vittime riuscisse, almeno in parte, a riportare l’equilibrio.
Di volta in volta, gli Autori hanno immaginato le menti universalmente riconosciute come tra le più brillanti della Storia (Aristotele, Prodico o il Dante Alighieri di Giulio Leoni) alle prese con la risoluzione di complessi casi polizieschi. Altre volte è l’interesse per l’ambientazione storica a prevalere, come nel caso di fratello Cadfael, o il Tiberio di Castro di “Sangue giudeo”, come se lo scrittore volesse dimostrare che con la logica e la perseveranza, anche senza i mezzi fantascientifici di “CSI”, si può risalire la linea del sangue e trovare il colpevole di un delitto.
2) Hai scelto di ambientare 'Sangue giudeo' nella Roma dei Borgia, il motivo è legato ai personaggi o alla trama?
A costo di apparire banale, penso che sia la Roma dei Borgia ad avere scelto me, piuttosto che il contrario. Un interesse scaturito dalla lettura di qualche romanzo si è trasformato in un campo di studio, approfondimento, ricerca.
Alla fine mi sono tanto appassionato a questi personaggi, così intensi, rivoluzionari e assoluti, che mi sono sorpreso a scrutare il ramificato albero genealogico della dinastia di Valencia, per comprenderne le alleanze e le parentele e capire quanto ci fosse di vero e di inventato nella leggenda nera dei Borgia.
3) Su quali basi storiche e che tipo di ricerche hai effettuato per ricreare l'ambientazione storica in cui si muove Tiberio di Castro?
Ho letto saggi storici e testimonianze dei contemporanei. Per la ricostruzione della parte più medica ho attinto allo splendido volume “Storie all’ombra del malfrancese”, regalatomi da mia moglie, ma anche a un erbario del Cinquecento che ho fortunosamente rinvenuto in una bancarella sul molo di Anzio. E ancora ho avuto la fortuna di trovare la disponibilità di una farmacista, esperta ed appassionata di Storia, che mi ha fornito una copia anastatica del ricettario di Caterina. E poi ho visitato i luoghi del romanzo. I vicoli del ghetto, il portico d’Ottavia, la Torre Argentina e il palazzo di Burcardo, tutti i luoghi che conservano ancora intatto il loro fascino e che ancora riescono a raccontare il loro stretto vincolo con il Cinquecento.
4) Hai scelto di intrecciare insieme una trama poliziesca, quella degli omicidi nella comunità ebraica, e una più storico-politica, quella dell'avventura italiana di Cesare Borgia. Non credi che sia complesso riuscire a trovare un equilibrio, soprattutto in uno spazio tutto sommato abbastanza ridotto?
Sicuramente il progetto è ambizioso. Ma volevo che il racconto andasse oltre il giallo classico e soprattutto desideravo che il personaggio di Caterina Sforza assumesse un ruolo di “co-protagonista”, che non fosse solo una semplice spalla nelle indagini di Tiberio.
Ho pensato allora di far convergere la trama più propriamente investigativa con quella politica, forse anche perché la novella assumesse alcune connotazioni della spy story. Certamente l’equilibrio tra le parti non è facile da mantenere, e probabilmente l’una ha prevalso sull’altra in alcuni momenti della narrazione.
5) Nella parte politica del giallo domina la figura di virago di Caterina Sforza Riario, forse il personaggio più riuscito e attraente del libro: l'ispirazione è solo storica o avevi in mente anche altri modelli?
Proprio così fu definita: “terribile virago”! Ma in realtà, Caterina Sforza è una figura difficilmente imbrigliabile in un qualunque stereotipo. Durante le mie incursioni nel mondo dei Borgia, mi sono imbattuto in questa donna veramente eccezionale per la sua epoca, non solo per la tempra ma anche per la cultura e l’ardimento che ha dimostrato. Metà strega e metà scienziata, con il suo “ricettario” ci ha regalato un vero gioiello per gli appassionati di storia della farmacia.
Ovviamente il ritratto che ci è stato tramandato dai contemporanei non è esente da deformazioni (in senso positivo o negativo), ma la Leonessa resta un personaggio emblematico e affascinante. Una donna pronta a combattere strenuamente per la difesa delle proprie terre, ma anche una femmina che si getta con slancio assoluto in tutto quello che fa. Come non restarne folgorati? Inoltre, la relazione tra la Sforza e il Valentino è ancora oggetto di dibattito. Alcuni concordano nel dire che la contessa sia stata l’amante di Cesare Borgia, altri la dipingono come una vittima della smania di possesso del figlio del papa.
A distanza di tanti secoli, Caterina Sforza resta un enigma. Impossibile resistere alla tentazione di averla tra i protagonisti del mio romanzo.
6) Gli Ebrei sono le vittime della violenza dell'assassino ma tutto sommato nel romanzo non si racconta molto di loro e della vita nel ghetto, si tratta di una scelta legata a motivi di lunghezza?
In “Sangue giudeo” gli ebrei sono soprattutto l’espediente per innescare la trama investigativa. Non era mia intenzione approfondire la complessa tematica di questo popolo, costretto già allora a estenuanti peregrinazioni. I figli di Davide, confinati nei rioni dei giudei, rimangono sullo sfondo della vicenda, nella profondità di campo.
7) Anche del protagonista, Tiberio di Castro, già investigatore in altri racconti, si racconta poco come personaggio, al di fuori della sua implicazione nell'indagine. Pensi che subirà degli approfondimenti in futuro per quel che riguarda la storia personale e psicologica?
"Sangue giudeo” è il secondo romanzo della serie con lo speziale Tiberio di Castro. Il primo romanzo, “L’arcano della papessa”, è narrato in prima persona e racconta, tra le altre cose, della storia di amicizia tra il protagonista e il cardinale Farnese.
Viene tratteggiato un giovane poco scafato, non avvezzo ai manierismi di corte, che viene scaraventato dalla sua campagna nelle fauci di una Roma opulenta e spaventosa. In “Sangue giudeo” ho utilizzato la narrazione in terza persona proprio per favorire un distacco tra l’autore e il personaggio. I protagonisti delle nostre storie riflettono tutti una parte della nostra anima, delle nostre inquietudini o delle nostre potenzialità inespresse.
Forse questa necessità di “prendere le distanze” da Tiberio ha avuto un qualche riverbero nella sua caratterizzazione, che nell’ultimo romanzo è infatti meno marcata. Nel futuro, chissà, forse mi avvicinerò di nuovo a Tiberio, tanto da raccontarlo meglio.
8) La scelta di un'ambientazione storica come la Roma rinascimentale comporta anche delle difficoltà sul piano della lingua e delle conoscenze storiche per il lettore, tu come hai cercato di risolverle? Non temi che la scelta di un contesto diverso dall'attualità possa 'spaventare' i lettori? Penso, per esempio, alla presenza del 'cristogramma' e al ruolo di questo simbolo nella trama investigativa.
La scelta del romanzo storico ha due risvolti. Da una parte attrae il potenziale lettore, perché un libro è anche un viaggio e un romanzo ambientato nei secoli passati è un viaggio indietro nel Tempo, quindi pieno di fascino. Ma proprio perché questo salto a ritroso è nei fatti impossibile, si è costretti a un difficile equilibrio tra il presente, con il suo linguaggio e la sua realtà, e un passato, che aveva codici di comunicazione completamente diversi. Il rischio che il lettore possa esserne spaventato, o che abbandoni la lettura, c’è. Dovremmo tutti prendere lezione da Umberto Eco, che nel suo poderoso “Il nome della Rosa” riesce a tenere col fiato sospeso, mentre al contempo sciorina eventi storici e sviscera complesse questioni dottrinali.
9) Quali sono le tue letture e i tuoi riferimenti nel panorama del genere letterario noir? Hai degli autori che ti piacciono o ti ispirano più di altri, tra gli italiani o gli scandinavi, che stanno avendo un forte successo editoriale?
Tra gli autori italiani uno su tutti: Giulio Leoni, autore della celeberrima trilogia di Dante Alighieri investigatore. Ma anche Danila Comastri Montanari, con il suo Publio Aurelio, il simpatico senatore donnaiolo, con uno spiccato senso della giustizia, e le contraddizioni del “civis romanus”. Non posso non citare Alessandro Perissinotto, raffinato scrittore, di cui ho molto apprezzato la trilogia della psicologa Anna Pavesi, coinvolta suo malgrado nella risoluzione di alcuni delitti.
E poi le sorelle “noir” Elena e Michela Martignoni, i cui romanzi sono una lettura imprescindibile per chiunque voglia cimentarsi con i Borgia. Tra gli stranieri, molti i grandi, come Ken Follett, dalla ineguagliabile versatilità, e Steve Berry, autore di avvincenti thriller.
Una menzione d’onore a uno scrittore tedesco che vive e lavora a Trieste, e che ho scoperto quando vivevo nella città mitteleuropea: Veit Heinichen. Il nome fa venire in mente la birra (e con questo caldo non è male), ma il suo Proteo Laurenti, commissario di polizia e gaudente viveur, è uno dei personaggio più riusciti della Letteratura noir.
10) Per finire una domanda che, vista la serialità delle avventure di Tiberio di Castro, è quasi un obbligo: hai in mente sviluppi futuri per il personaggio e le sue peripezie?
Il mio calderone è in piena ebollizione. Dopo un fisiologico periodo di stallo, una sorta di “vuoto” che segue la stesura di un romanzo, ha cominciato a prendere forma una nuova avventura dello speziale Tiberio. Questa volta, i Borgia saranno solo sullo sfondo. E il nostro protagonista, in esilio, si troverà alle prese con i misteri di una civiltà che si credeva perduta per sempre. E invece…
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