Recensione
Se dovessi scrivere la mia storia, prenderei come punto di riferimento il rapporto con il cibo e le bevande, che da tanti decenni continuano a carburare questa mia carcassa, con sempre rinnovata soddisfazione poetica..."
Nel leggere il breve autoritratto che Joyce Lussu, al secolo Gioconda Salvadori, ha lasciato di se stessa si realizza subito che non si tratta di una vera e propria autobiografia nel senso tradizionale del termine.
Eppure, dal momento che di tradizionale in Joyce Lussu c'era veramente - a quel che è dato capire - poco, forse questo schizzo parziale di sé, tracciato con mano ferma e con una tavolozza dai colori sgargianti, è quanto di più corrispondente alla persona si possa desiderare.
Il leit motiv del lungo piano sequenza cinematografico che Joyce Lussu lascia come testimonianza, disincantata e non seriosa, di sè è il suo profondo attaccamento alla realtà materiale della vita, scevro di pregiudizi moralistici, di paturnie religiose, di sensi di colpe o ansie interiori.
Molto di questa attitudine strettamente pragmatica con cui l'autrice morde e assapora il midollo della vita è legato ai tempi difficili che si è trovata a vivere, prima la dittatura fascista, poi l'ecatombe della seconda guerra mondiale e la resistenza partigiana, infine i ritmi frenetici della ricostruzione. Tutte situazioni che, di certo non augurabili, hanno creato in lei una fame inesauribile per la vita.
Parte nei suoi ricordi proprio dal rapporto con il cibo come veicolo di un desiderio straripante: dalla mancanza alla lotta per ottenerlo, dalla voluttà nel gustarlo alla consapevolezza di quanto il superfluo sia lontano dal sufficiente.
La sua vita è una continua militanza nel rispetto di un credo ideale modernissimo, anche oggi, e fondato sull'apertura al diverso e sulla laicità, sul valore della condivisione come fonte di arricchimento, materiale e morale.
Proveniente da una famiglia nobile ma con genitori dediti all'idea socialista, Joyce Lussu ha modo di conoscere personaggi della cultura come Benedetto Croce a Napoli e Karl Theodor Jaspers a Heidelberg, provandone le debolezze nei confronti dei regimi totalitaristi, e trova il complemento affettivo ai suoi valori nella relazione, incredibilmente aperta e insolita per quei tempi, con il partigiano di Giustizia e Libertà, poi ministro e senatore nell'Italia Repubblicana, Emilio Lussu.
La natura di questo, che è molto più di un legame coniugale secondo la forma, sta nell'impulso che Joyce ne riceve a inventare sempre nuove sfide per mantenere vivo e fattivo il rapporto con l'ingombrante marito: da questo, oltre che dalla formazione culturale, nasce il bisogno di farsi interprete, anche materialmente come traduttrice, delle istanze delle culture terzomondiste in lotta per la liberazione dalle potenze coloniali, così come aveva lottato per liberare l'Italia dal Nazifascismo.
Attiva nel campo della poesia e delle letterature di aree del mondo a quei tempi lontane non solo geograficamente, Joyce Lussu ha portato in Occidente per prima le opere di poeti come il turco Nazim Hikmet e l'angolano Agostinho Neto, ha affrontato la questione curda conoscendo personalmente Jalal Talabani, attuale presidente iracheno, ha viaggiato in lungo e in largo, dalla Cina a Cuba per fare da ponte tra mondi e culture lontani ma non inconciliabili, se guardati con mente libera e sorriso aperto, come quello della sua foto.
Non si deve considerare quest'autoritratto una biografia fedele: oltre alla data di nascita mancano tanti episodi importanti di un documento ufficiale, per esempio il primo matrimonio, precedente a quello con Lussu, non viene affatto menzionato e forse non avrebbe fatto male aggiungere qualche spiegazione per fatti, riferimenti e personaggi citati dall'autrice ma che al lettore di oggi possono non essere così noti o evidenti.
Quello che conta però è lo spirito impegnato e ottimista, mai egocentrico o presuntuoso ma sempre proteso verso l'altro, il diverso, il bisognoso, non per senso di pietà ma per desiderio di condivisione e viva curiosità verso l'ignoto, che anima i molteplici percorsi di Joyce Lussu.
In tanti campi ha svolto attività di pioniere e di elemento di rottura, mai con gesti eclatanti ma sempre in modo concreto: per esempio anche sulla questione femminile, ben prima dell'esplosione movimentista degli anni '70, praticava con la propria vita il credo dell'indipendenza e dell'autonomia, intese come rispetto delle aspirazioni individuali, anche all'interno dei complessi intrecci famigliari.
Non parla molto della sua vita affettiva come madre, forse anzi lo fa in misura maggiore per il suo diventare nonna, e spesso usando l'espediente stilistico dell'enumerazione, dell'elenco, del polisindeto per non rendere evidente la profondità della partecipazione emotiva a questi eventi.
Allo stesso modo il dolore per la perdita del compagno di una vita prende la forma delicata e sorridente di una poesia, in cui il ricordo della felicità vissuta insieme è capace di superare - almeno in apparenza - il dolore dell'assenza.
E inevitabilmente l'immagine che, leggendo, viene da associare a questa donna si materializza in un sorriso, solare e sommessamente aperto.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Portrait
- Autore: Joyce Lussu
- Editore: L'asino d'oro
- Data di Pubblicazione: 2012
- Collana: Omero
- ISBN-13: 9788864430768
- Pagine: 145
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12,00
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