Scarabocchiato a matita, risulta essere il diario di un giovane detenuto di nome Furat. Dal manoscritto scopriamo che era uno studente di Lettere e poeta alle prime armi, dotato di uno spirito sardonico e corrosivo, arrestato un bel giorno di aprile mentre guardava il cielo di Baghdad seduto su una panchina ad aspettare Arij, la sua fidanzata. Furat rievoca l'incubo delle carceri del regime e, in parallelo, la sua vita quotidiana fino all'arresto: l'adolescenza, la famiglia, l'università, la dittatura, la guerra Iraq-Iran, le partite di calcio allo stadio, i primi amori. Racconta di un Iraq impossibile, dove il regime è ovunque, nella vita pubblica come in quella privata, dell'isteria del dittatura baathista, così simile al nostro fascismo. Solo nel finale, ambientato in una Baghdad apocalittica e deserta, sembra profilarsi una speranza, ma forse è solo un'illusione, un miraggio. Un ritratto emozionante della vita nell'Iraq di Saddam Hussein, una miniatura delle sofferenze degli iracheni, dai baathisti a Bush.
Recensione
Questo libretto, piuttosto agevole e maneggevole, si fa leggere, sia per via della dimensione contenuta, sia per via della curiosità che un qualsiasi lettore curioso legittimamente nutre verso uno dei punti più caldi del pianeta.
Furat, il protagonista di questo romanzo breve, è uno studente che viene arrestato per via della sua lingua affilata e del suo manifesto scarso entusiasmo verso il regime di Saddam Husein proprio nel fiore della sua gioventù, mentre il sanguinoso e infinito conflitto con l'Iran è ancora in corso. In carcere troverà un pietoso secondino che gli fornirà la carta su cui vedrà la luce questo romanzo. La narrazione, che si apre con la scena dell'arresto del protagonista, alterna scene ambientate nel carcere a ricordi della vita vissuta da Furat prima dell'arresto.
Il lettore scopre così l'incubo del regime, onnipresente nel paese in quegli anni, che ha accompagnato la vita del protagonista per tutta l'adolescenza (l'arresto è collocato nel 1989, dieci anni dopo la presa del potere da parte di Saddam Hussein), il culto della personalità del dittatore, che sembra non avere nulla da invidiare a quello tributato a Stalin nell'Unione sovietica degli anni '30. L'autore, classe '67, che lasciò il paese nel 1991 (dopo la prima Guerra del golfo), probabilmente ha avuto modo di vivere molte esperienze descritte in questo libro (che è uscito in arabo a Beirut nel 2004, un anno dopo la caduta del regime di Saddam). Come Furat, anche Sinan Antoon si è laureato in letteratura inglese a Baghdad.
Quest'ultimo attualmente insegna letteratura araba in alcune università statunitensi (oltre a scrivere e insegnare, ha anche diretto l'acclamato documentario About Baghdad sull'occupazione statunitense dell'Iraq).
Il limite e, nello stesso tempo, il pregio di questo romanzo breve sta proprio in questo malcelato autobiografismo, che lo rende credibile, commovente e sincero. Ma proprio questo eccessivo peso specifico della componente autobiografica spinge questo romanzo pericolosamente verso il reportage e il saggio autobiografico. Attendiamo un'ulteriore conferma del suo talento.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Rapsodia irachena
- Titolo originale: I'jam
- Autore: Sinan Antoon
- Traduttore: Ramona Ciucani
- Editore: Feltrinelli
- Data di Pubblicazione: 2010
- Collana: I Narratori
- ISBN-13: 9788807018275
- Pagine: 103
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 10,00
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