Preceduto da un battage pubblicitario notevole nel mondo anglosassone e quasi nullo da noi, il mese scorso è finalmente arrivato sui nostri schermi Jane Eyre di Cary Joji Fukunaga, ultimo in ordine cronologico di una serie pressoché infinita di adattamenti per il piccolo e grande schermo del capolavoro di Charlotte Brontë.
L'autrice, al pari di Jane Austen, si è rivelata una manna dal cielo per l'industria cinematografica: se escludiamo prequel, sequel e adattamenti vari più o meno fantasiosi e ci limitiamo alle trasposizioni cinematografiche del romanzo vero e proprio, arriviamo a contare 18 versioni di Jane Eyre, tra cui due messicane, una in Hindi e una in Telugu, la più vecchia datata addirittura 1910. Eppure a più di 150 anni dalla pubblicazione del romanzo, l'industria del cinema ritiene che quest'orfanella ottocentesca, eroina unica nel panorama letterario, così tipicamente Romantica e al tempo stesso così straordinariamente fuori dagli schemi, abbia ancora qualcosa da dire al pubblico del ventunesimo secolo e io sono d'accordo con lei. Che cosa poi abbia da dire, ovviamente, è soggetto all'interpretazione del regista al quale non si chiede una pedissequa trasposizione su pellicola del romanzo pagina per pagina (che senso avrebbe? abbiamo la nostra fantasia per quello) ma ci si aspetta che sappia cogliere e trasmettere l'essenza dell'opera.
Mia Wasikowska nei panni di Jane |
Nel caso di Jane Eyre, lo spirito del romanzo è costituito dall'intrecciarsi di una complessità di temi difficile da riprodurre in un film di un paio d'ore. Il regista californiano Fukunaga sceglie di farsi trasportare dall'elemento Romantico, cedendo al fascino delle selvagge brughiere spazzate dal vento fino al limite del tollerabile, tanto che a volte viene il dubbio di essere finiti in una trasposizione di Cime Tempestose, invece che di Jane Eyre. L'intento è chiaro fin dalle prime inquadrature che, in modo del tutto originale, sorprendono Jane già adulta mentre vaga per le lande desolate in preda ad un'incontrollabile disperazione. A differenza di quanto fatto dalle trasposizioni precedenti, viene quindi abbandonata la narrazione cronologicamente ordinata del romanzo; il racconto prende il via dalla metà della vicenda, quando Jane ha già scoperto l'inganno di Rochester e ha abbandonato Thornfield Hall, per poi riproporre le fasi precedenti della sua vita attraverso una serie di flashback, quasi l'autore volesse movimentare la narrazione e accentuare l'aspetto misterioso della vicenda, per rendere la storia più appetibile al palato dello spettatore moderno. La memoria corre subito alla precedente (e finora più nota) trasposizione diretta da Franco Zeffirelli nel 1996 ed la differenza tra le due trasposizioni è notevole.
Se il regista italiano sceglie un approccio formalmente più rigoroso, dove tutto, dalle scenografie ai costumi alle movenze stesse degli attori, ubbidisce alle regole dei più tradizionali film in costume, fino al limite di un freddo manierismo, Fukunaga, pur rispettando l'ambientazione ottocentesca, esce dagli schemi donando al suo film un movimento e una spontaneità decisamente più moderni.
Il contrasto non potrebbe essere più evidente: il nuovo Jane Eyre è privo dei cieli azzurri e dei caldi colori autunnali che caratterizzavano il film di Zeffirelli, da sempre affezionato a scenografie di forte impatto visivo. Al contrario qui la narrazione è punteggiata da cieli grigio ferro, lande desolate e violenti acquazzoni che esaltano splendidamente il lato più emotivo e irrazionale delle personalità dei protagonisti.
Michael Fassbender è Edward Rochester |
Se la cava meglio il protagonista maschile Michael Fassbender (X-Men-L'inizio, Coppa Volpi a Venezia per Shame): nonostante sia decisamente troppo bello per il ruolo (da antologia la scena in cui chiede a Jane "Mi trovate bello?" e lei risponde assurdamente di no), il suo Edward Rochester è adeguatamente ombroso; anche lui, tuttavia sembra aver frainteso il carattere del suo personaggio e a volte, invece che un indomabile e selvaggio Byronic hero, sembra semplicemente un tizio un po' isterico. Ogni sua battuta è pronunciata con tale nervosismo che davvero non si capisce a che punto inizi a provare sentimenti per Jane. L'esatto contrario dell'effetto ottenuto dal suo predecessore, William Hurt (The village, Oscar come miglior attore per Il bacio della donna ragno), che pure aveva reso una mirabile interpretazione, sebbene in alcune sequenze un po' troppo bonaria.
Charlotte Gainsboroug e William Hurt nel film di Zeffirelli |
Infine è interessante notare come un film che fa di tutto per accentuare il proprio carattere "gotico" non riesca a comunicare adeguatamente la tensione legata alla misteriosa presenza che si aggira per Thornfield Hall. Fukunaga è troppo impegnato a costruire una qualche forma di tensione erotica tra i protagonisti per dare spazio al resto; così la pazzia di Bertha Mason, lato oscuro della candida Jane, finisce nel calderone degli elementi di contorno: non si fa in tempo a notarla che già è stata messa da parte.
In conclusione vorrei dire questo a Fukunaga: se il libro si intitola Jane Eyre e non Jane & Edward o Love Story, un motivo c'è e tu questa Jane Eyre ce la devi far conoscere. Certo la storia d'amore tra Jane e Rochester è elemento fondamentale del romanzo e, inutile negarlo, uno dei motivi per cui l'amiamo tanto, ma qui a parte cupi e selvaggi paesaggi delizia per l'occhio, poco altro rimane.
L'edizione di Jane Eyre per gli Oscar Classici Mondadori |
a me il film è piaciuto, soprattutto per l'ottimo lavoro fatto dai due protagonisti.
non avendo letto il libro però non posso fare un paragone con l'opera originale...
Ottimo articolo, mi trovo d'accordo sul fatto che il film di Zeffirelli sia migliore e che i protagonisti dell'ultima trasposizione siano piuttosto scipiti (diciamo pure che molto del fascino di questo Rochester è dovuto alla bellezza fuori luogo di Fassbender)
a me è piaciuto moltissimo...una delle versioni più appassionate che abbia visto...Fassbendere è bello si ma è Mia Wasikowska a reggere il film.
http://firstimpressions86.blogspot.com/2011/08/jane-eyre.html
devo dire che non avendo visto le altre versioni - ma Zeffirelli in genere mi risulta troppo lezioso e sfibrato - a me Mia Wasikowska non è dispiaciuta, mi smebra che solo che - ma non credo dipenda tanto da lei quanto dalla sceneggiatura - che il suo personaggio sottolinei parecchio l'aspetto 'femminista' ante litteram della vicenda, la sua voglia di indipendenza e libertà.
un po' anche come succedeva con Alice di Burton!
Lo dicevo che la Wasikowska era piaciuta molto :)
Boh, io tutte le volte che la guardavo vedevo il nulla...
Confermo che la versione di Zeffirelli è un po' leziosa, è appunto il suo stile, però le interpretazioni mi sono piaciute di più.
bhe... se è piaciuta comunque, almeno per me, non è perchè sia particolarmente bella... mi sembra piuttosto in linea con l'immagine - magari poco filologicamente corretta - della protagonista come dura&pura!
Beh comunque ora vedrò di procurarmi la mini-serie della bbc del 2006 di cui mi hanno parlato un gran bene, vediamo se quella mi soddisfa di più :D