E tra servizi segreti impegnati in grossolani depistaggi, inconfessabili e dirompenti verità e inquietanti parole d'ordine come "indulto", a vent'anni dal delitto Moro l'ispettore Guido Lopez non potrà fare a meno di avvertire l'aria pesante e sporca di un complotto.
Recensione
La sensazione di essere una pallina da ping pong che rimbalza nella google map della malavita milanese è dominante per il lettore che si beve l'indagine dell'ispettore Lopez come se fosse un bicchiere di acqua sporca dei navigli, nell'arsura dell'afa estiva, sentendo un forte, amaro, sapore di catrame che brucia la gola.
La trama intreccia un fatto di cronaca, l'evasione di un terrorista nero dal carcere di Opera, Cerfoglio, e il retroscena della politica nazionale, che non ha ancora smaltito i postumi degli anni di piombo: il fatto che l'evasione sia avvenuta in modo piuttosto inusuale la rende un messaggio di natura politica e, insieme, un attacco alla Questura di Milano e al Viminale, come del resto appare chiaro per l'arrivo immediato dei servizi che avocano la gestione delle indagini e mettono sotto scacco la gestione del dirigente Santovito, diretto superiore di Lopez.
La ricostruzione dell'avvertimento che si cela dietro la fuga del brigatista e al suo legame con il finto suicidio di Pessina, un balordo delle case popolari di Calvairate, porta Lopez a una serie di convulse scoperte tra i vari giri della criminalità organizzata milanese, sempre nelle aree di confine della metropoli, da Quarto Oggiaro all'Ortica: allo spaccio di stupefacenti di varie categorie, alla prostituzione e all'orrendo abisso della pedofilia si agganciano anche i retroscena politici dell'evasione di Cerfoglio.
Rapidissima la storia si snoda come gli spostamenti di Lopez sulla mappa delle periferie metropolitane, tra bilocali malridotti, battone ai lampioni di vialoni semideserti nelle notti estive, e la cappa della calura che neanche di notte abbandona una Milano in cui da bere è rimasto davvero poco.
Quello che Lopez non si beve è soprattutto il senso che almeno in apparenza le vicende sembrano assumere: tutto appare guidato a distanza dalle trame dei servizi segreti e da equilibri politici che con i fatti in questione hanno poco a che fare. Il passato riemerge sia nelle forme del memoriale su rapimento e morte di Moro, sia nel rapporto che l'ispettore viene spinto a riaprire con un amico fraterno, cresciuto nella sua stessa società ai margini urbani e sociali ma poi passato dalla parte dei cattivi, il brigatista Stefano Fogli, detenuto nello stesso carcere di Opera da cui era evaso Cerfoglio.
Il passato ritorna, sembra essere essere il leit motiv che scandisce la storia individuale e collettiva dell'oscuro Belpaese. Bravissimo Genna a caratterizzare in modo perfetto il panorama milanese dei margini usando una serie di luoghi e circostanze noti, senza cadere negli stereotipi su Milano, per quanto paradossalmente l'estrema precisione, con cui la trama rincorre gli spostamenti convulsi del poliziotto nell'affannosa ricerca di una verità che sia anche priva di ambiguità, renda forse un po' difficile seguire la storia per chi non sia famigliare alla metropoli padana.
E anche furbescamente queste ambiguità rimangono nel finale e la coltre di nebbia disseminata dalle macchinazioni dei servizi deviati non si dirada: la loro azione è appunto quella di agire in modo da mandare nello stesso momento messaggi diversi e spesso contraddittori tra di loro a bersagli diversi e contrapposti.
Anche la verità, nel buio della notte di Milano, assume un fastidioso retrogusto, quello del catrame.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Catrame
- Autore: Giuseppe Genna
- Editore: Arnoldo Mondadori Editore
- Data di Pubblicazione: 2008
- Collana: Piccola Biblioteca Oscar
- ISBN-13: 9788804575368
- Pagine: 184
- Formato - Prezzo: Paperback - 8,80 Euro
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