Recensione
Horror di denuncia, horror complottista, horror satirico, I vampiri dell'11 settembre sposa l'idea che la realtà superi molto spesso la fantasia in fatto di orrori e mostruosità.
Cosa c'è infatti di più disgustoso di una classe politica disposta a qualunque nefandezza pur di ingigantire il proprio già spropositato potere e la propria ricchezza? E' questa l'idea che Clanash Farjeon si è fatto dell'intero entourage del presidente americano Bush all'epoca dei fatti dell' 11 settembre 2001 e in quest'ottica il paragone con dei vampiri assetati di sangue appare decisamente calzante. A parte una certa predilezione per il rosso liquido, emblematicamente rappresentata in alcune sequenze degne dell' "Oscar per il miglior splatter", i vampiri in questo romanzo hanno poco in comune con i tradizionali zannuti della letteratura, trattandosi più che altro di metafore, poco corporee nelle loro apparizioni ma devastanti quando si riflette sulle ripercussioni delle loro azioni.
Il romanzo prende il via proprio da una di queste apparizioni: due volontari dell'11 settembre affermano di aver visto tra le polveri di Ground Zero il vice-presidente Cheney nelle insolite vesti di vampiro. Poco credito viene dato a queste affermazioni, almeno finchè esse non giungono all'orecchio del giornalista inglese Michael Davenport, già protagonista del precedente romanzo di Farjeon I vampiri di Ciudad Juarez. Recatosi negli Stati Uniti per indagare sul fenomeno, Michael si trova immediatamente invischiato in una escalation di apparizioni misteriose e inquietanti, omicidi mascherati da suicidi ed un'intricata rete di complotti che porta direttamente alla Casa Bianca.
L'autore in questo romanzo non risparmia nessuno: l'intera amministrazione Bush viene descritta come un manipolo di amorali assassini interessati esclusivamente a conservar il proprio potere, si "salva" (se così si può dire), il solo presidente a cui viene assegnata la parte dell'alcolizzato beota che già magistralmente "recitava" in Fahrenheit 9/11 di Michael Moore. In questo senso possiamo definire I vampiri dell'11 settembre come un ottimo horror satirico ma uno scarso libro di denuncia. Se infatti il coraggio dell'autore nel mettere per iscritto una critica così feroce della classe dirigente americana (pare fra l'altro che il libro stia incontrando delle difficoltà ad essere pubblicato negli Stati Uniti) sia degno di ammirazione, non possiamo non osservare che egli sposa le teorie complottiste legate all'11 settembre con il fervore del fanatico senza fornire particolari considerazioni oggettive che possano spingere a riflettere chi a queste teorie non ha mai creduto. A parte ricoprire i vari Cheney, Kissinger e Rice dei più fantasiosi insulti che la mente umana sia stata in grado di concepire, l'analisi di Farjeon non si spinge molto oltre e si trasforma ben presto in un'infuocata invettiva.
Se scegliamo di considerare esclusivamente l'aspetto satirico di questo romanzo, allora I vampiri dell'11 settembre merita il massimo dei voti. Se,invece, vogliamo valutare il romanzo nel suo complesso non possiamo non osservare alcune grosse falle nello stile e nella trama. L'autore ha infatti una pericolosa tendenza alla digressione e sembra soffrire dello stesso "complesso dell'anagrafe" che affligge Fazio nei romanzi del commissario Montalbano (curioso, a questo proposito come uno dei personaggi principali venga deriso nel corso del romanzo proprio per questo difetto).In questo modo la narrazione viene frequentemente interrotta per ripercorrere (spesso senza alcun motivo) le peripezie attraversate da Michael nel precedente romanzo, oppure per fornirci una dettagliata (ma al tempo stesso condensata in poche righe) descrizione della carriere politica di questo o quell'altro personaggio. Il risultato è una narrazione frammentaria in cui l'autore non raggiunge nemmeno lo scopo di ampliare le conoscenze del lettore, proprio perché tenta di raccontare nel breve spazio fra due virgole eventi della durata di decenni.
Sembra esserci un'urgenza nel raccontare tale per cui la trama si evolve, soprattutto nella prima parte del racconto tramite coincidenze un po' forzate e pretestuose, così come forzate appaiono alcune conversazioni. Se in alcuni casi è evidente che gli scambi di battute volutamente sfiorano in nonsense, in altri il filo logico della conversazione si perde nella volontà di esprimere il più alto numero di informazioni nella stessa frase. Anche il vocabolario usato, non saprei dire se per un difetto di traduzione o perché così nell'originale, appare poco naturale, forzato, sulla scia di quello usato in certi film d'azione.
Ammetto infine di aver sviluppato una certa insofferenza verso il protagonista, uno di quei personaggi che sembrano passivamente subire l'evolversi degli eventi senza mai veramente rendersi conto di quel che accade; anche per questo motivo, credo, non sono riuscita ad appassionarmi veramente al romanzo che, bisogna dirlo, non manca di spunti interessanti e momenti di grande comicità fortemente penalizzati dal scarsa coesione della narrazione.
Per concludere, una curiosità: Clanash Farjeon è lo pseudonimo dietro cui si cela Alan John Scarfe, attore britannico visto, fra gli altri in Star Trek: Voyager e Star Trek: The Next Generation.
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: I vampiri dell'11 settembre
- Titolo originale: The vampires of 9/11
- Autore: Clanash Farjeon
- Traduttore: Stefania Sapuppo
- Editore: Gargoyle Books
- Data di Pubblicazione: 2011
- ISBN-13: 9788889541555
- Pagine: 320
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 14,90
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