Affetto da narcolessia, solitario e nichilista, consuma le sue giornate muovendosi come un fantasma all'interno di una sua personale corte dei miracoli. Sfruttatori, usurai e spacciatori sono i suoi clienti. Rintracciare persone scomparse la sua specialità. Non importa da che parte stia la ragione, non può permettersi di distinguere il bene dal male. Le vittime dai carnefici. Fino a quando un nuovo incarico ribalta le prospettive, mettendo in discussione scelte e convinzioni. Scoprire chi ha ucciso sua sorella e recuperare un carico di cocaina appartenente a uno spacciatore bulgaro. Solo in apparenza un lavoro come altri.
"Perché la vita è una merda. Poi si muore".
Nero come noir ma imperfetto.
Recensione
Fabio Paleari è una persona che ha subito un danno.
Come dice la protagonista del film omonimo di Luis Malle, 'chi ha subito un danno è pericoloso: sa di poter sopravvivere'. E Paleari è anche questo: un sopravvissuto. Alla morte della moglie, alla scoperta dei tradimenti coniugali per via di una gravidanza che non poteva essere sua, visto che lui è sterile, alla perdita del lavoro come poliziotto, e, ultima in ordine di tempo e importanza, all'omicidio efferato della sorella Anna, ex modella e pusher dei giri giusti della Milano da bere, trovata sgozzata nel suo appartamento.
La morte della moglie adorata e insieme allontanata su un piedistallo ideale, anche dopo averne scoperto l'infedeltà e nonostante la depressione minasse le basi del rapporto coniugale, è il primo gradino di una inesorabile discesa, facile come tutte le discese nell'abisso degli inferni personali.
La degradazione di sé nell'abbandono del lavoro 'pulito' del poliziotto per diventare una sorta di cacciatore di taglie a spese di deboli e indifesi sprofonda il protagonista in un abisso di abiezione: il suo unico fine più ancora che procurarsi un reddito purchessia sembra quello di abbrutirsi senza rimedio, il suo unico impulso pare il senso di colpa per la perdita della moglie, per non aver saputo o voluto comprendere nulla di ciò che si nascondeva dietro la sua maschera.
La narcolessia potrebbe essere anche sorta di estrema autodifesa dell'io subconscio che cerca di ottundere una consapevolezza troppo dolorosa attraverso il sonno. E, in alternativa, durante gli stati di veglia, con l'alcool, la droga e l'autoannichilimento. Sono questi sensi di colpa, per quanto possa negarlo il protagonista, a spingerlo verso la ricerca dell'assassino della sorella. Uniti al generoso compenso di un boss della malavita dell'Est europeo, certo, ma innegabilmente una parte delle motivazioni è legata anche all'istinto di sopravvivenza, di autoconservazione, che si oppone alla lenta ma inesorabile deriva verso il nulla che il protagonista aveva cominciato.
Questa parte del racconto è sviluppata in maniera profonda, il personaggio è convincente e interessante e il suo avvitarsi sulle proprie vicende psicologiche giustifica il fatto che il resto dello scenario narrativo rimanga piuttosto vago, come una sorta di fondale nebbioso.
Da questo punto di vista l'intreccio noir è piuttosto lineare, non crea grandi colpi di scena, è ben tratteggiato - per esempio in poche pennellate c'è una descrizione molto sommaria, ma anche coerente con l'atmosfera del racconto, di una Milano nebbiosa, fredda e scostante -, è abbozzato in maniera credibile: segue fondamentalmente il viaggio del protagonista nel suo 'inferno' privato, da dove una volta toccato il fondo potrà ricominciare una vita nuova, aiutato, anche lui, dalla spinta di una figura femminile, che fa da tramite tra lui e la sorella Anna.
Ciò che lascia più incerti invece è lo stile che viene usato per rendere l'estremo disordine mentale e psichico, quasi una sorta di nube oscura, che incombe sul personaggio di Fabio Paleari: ad alcuni brevi flash, lasciati in corsivo nel corpo del testo, in cui parla in prima persona, si alterna come registro prevalente la seconda persona, quasi come se il protagonista volesse rivolgersi direttamente al lettore, come a un confessore o uno psicoterapeuta. In più questa sorta di dialogo, che mantiene una velleità sperimentale troppo forte per essere davvero persuasivo, è caratterizzato da una polverizzazione sintattica delle frasi, spezzate, rotte, come se chi parla inciampasse continuamente in un ostacolo.
Il che, oltre a rendere più complessa la lettura e meno immediata la comprensione, risulta alla fine un metodo un po' ingenuo per fare da riverbero del malessere interiore del personaggio. Forse, se questo tipo di andamento narrativo si fosse limitato a porzioni meno estese del racconto, avrebbe avuto un effetto meno pesante: sarebbe rimasto l'imperfetto del titolo, ma affidato alla soggettività dell'io narrante prima che a un espediente narrativo.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Nero imperfetto
- Autore: Ferdinando Pastori
- Editore: Edizioni Clandestine
- Data di Pubblicazione: 2011
- Collana: Tascabili Narrativa
- ISBN-13: 9788865963036
- Pagine: 192
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,50
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