Le autrici
Belit (Carolina Mercurio) e Mowgly (Valeria Nardilli).
Il libro è scritto con il preciso intento di dar voce a una testimonianza, quella di una donna (Belit nel romanzo) che dopo essere venuta a conoscenza del proprio male combatte non solo contro la malattia”, ma anche contro quel sistema di speculazione a cui una parte della medicina aderisce.
"Vita e svita", Libellula edizioni (Tricase), 2009.
Il libro
“Vita e Svita” ci mostra cosa può accadere quando la sete di denaro e di fama, in medicina, conquista la prima posizione in campo. Un sistema dove baroni luciferini cancellano il paziente, trasformandolo all’istante, magicamente, in una NON persona, un meccanismo per fabbricare denaro, la gallina dalle uova d’oro. Un luogo dove non c’è pietà e non viene concesso di sperare: il libro ci porta nella casa delle streghe, in una tela di ragno, guai ad entrarci o sei perduto.
Ma “Vita e Svita” non è solo denuncia. È anche un ringraziamento a quell’altra gran parte della Medicina e della Ricerca che studia, combatte assieme a noi le nostre battaglie, ci affianca nel dolore e ci aiuta a non sentirci soli.
L'intervista
Ciao Carolina e Valeria,
mamma e figlia unite nella lotta e fortificate dalla speranza. Una miscela vincente di amore, rabbia e disperazione che deve ricordare a ciascuno che le risorse non bisogna cercarle altrove perché sono in noi e intorno a noi. La famiglia è lo scrigno che le custodisce e tutti abbiamo la chiave per aprirlo. Usiamola.
Vorrei innanzitutto cominciare facendovi i complimenti per Vita e Svita.
1. E' un libro unico che tratta argomenti duri con una grande forza e delicatezza. Quando è nata l’idea di scriverlo?
… era mezzanotte e mi intrattenevo con dei lavori manuali. Mia figlia MOWGLY mi ha raggiunta e mi ha chiesto perché non ero ancora a letto. Le ho risposto che non avevo sonno perché ero preoccupata, anzi ero spaventata! Lei si è avvicinata e mi ha chiesto se essere spaventata vuol dire avere PAURA. Le ho risposto di sì. Mi ha abbracciato e mi ha confessato che lei credeva di essere l’unica ad aver paura e che non aveva mai pensato che io potessi averne. Mi ha raccontato in breve la sua difficoltà a convivere con una realtà così difficile: la malattia e il rischio di perdere la mamma.
Abbiamo così deciso di scrivere … era un “gioco” che doveva aiutare la mia bambina a trasferire su un foglio la sua sofferenza. Mi ha sorpreso lei già lo faceva per suo conto!
2. Conan, Belit e Mowgli, qui rappresentati con nomi fiabeschi, sono portatori di un messaggio di forza, energia e coraggio che si rapporta al mondo reale. Chi sono per voi gli eroi?
Il ruolo di eroe per noi è concentrato nella capacità di vivere “giorno per giorno” la realtà così come si presenta, di godere di ogni dettaglio e soprattutto di non fermarsi dinanzi agli ostacoli ma di combattere e di sperare.
3. Inizialmente la famiglia ha una vita incantata, in cui non manca nulla: c’è una coppia felice e che si sostiene, un’amabile bambina di sette anni, un lavoro che appassiona. Nel momento in cui una diagnosi medica sconvolge fin nelle fondamenta l’equilibrio di questi legami, i protagonisti scoprono di possedere delle energie segrete.
Sì, sono energie custodite segretamente in ognuno di noi, dobbiamo imparare a tirarle fuori e ad usarle. La chiave è l’amore.
4. Il Professor Gargamella identifica una parte del mondo della medicina che segue fama e successo, un universo che dà poco peso al paziente e alle sue emozioni. Quando è arrivato il momento in cui Belit si è ribellata a questo sistema consolidato?
Quando la “sentenza di morte” è diventata realtà e il grido d’amore della mia bambina diventava insopportabile, ho chiesto aiuto a Gargamella che ha ignorato la mia richiesta trattando il problema con sufficienza, anzi “non” trattando il problema. Ha inoltre etichettato, l’opportunità di aderire ad una sperimentazione, folle e disperata. Ho capito che non sopportava che il SUO paziente divenisse all’improvviso autonomo, che il SUO paziente potesse pensare al suo posto!
5. Citando la descrizione del libro: “Belit ha perso la sua spada, ora sa cosa è la paura. Ma si è imbattuta in altri medici, ha incontrato occhi attenti, ascoltato parole come carezze, che hanno saputo spiegare e confortare”. Come è avvenuto questo incontro? Le esperienze precedenti di Belit erano state negative e dolorose.
Come tutte le cose della vita, si è trattato di una serie di “speciali” coincidenze messe in moto dalla speranza di trovare una qualunque soluzione alternativa che mi consentisse almeno di temporeggiare. Volevo che mia figlia crescesse un altro po’.
6. Belit e la sua famiglia hanno quindi scoperto un nuovo modo di vedere e praticare la medicina. Un mondo popolato da persone altruiste, medici capaci di generosità, impegno e passione. Che cosa ci puoi dire di loro?
Loro hanno un CREDO che alimenta non solo il lavoro, ma la loro stessa vita. AIUTARE gli altri diventa il motore propulsore per dedicarsi a tempo pieno ad una professione che rende necessario incontrare l’uomo prima del paziente e prima ancora della malattia. Sono così motivati da resistere a “maltrattamenti” strutturali della categoria che è temuta perché non controllata dalle regole mercenarie dettate soprattutto dalle case farmaceutiche.
7. Il ricavato dalla vendita di “Vita e Svita” andrà devoluto AIRC (Associazione Italiana per la ricerca sul Cancro) con l’obiettivo di contribuire alla ricerca con una borsa di studio annuale. Di cosa si tratta?
L’AIRC indice un concorso a cui partecipano giovani ricercatori italiani. Il vincitore ha garantito lo stipendio di un anno di lavoro, pari a € 20.000,00 da dedicare completamente alla ricerca, quindi a noi e ai nostri problemi. La borsa di studio si chiama Vita e sVita.
Richiamando la descrizione del tuo libro, Belit, Conan e Mowgli ci ricordano che in ognuno di noi può nascondersi un guerriero. E’ una frase carica di forza, il migliore augurio che si possa fare alle persone e la prova ne è che viene da te.
Grazie.
Grazie a voi Carolina e Valeria, un fortissimo abbraccio.
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