18 marzo 2011

Tancredi presenta: Jonathan Carroll e l'arte del sogno

"La vita è un gioco a nascondino con se stessi, sempre più raffinato e complesso man mano che il tempo passa."

Vita


Nato a New York all’alba degli anni Cinquanta, Jonathan Carroll è figlio d’arte: il padre è uno sceneggiatore hollywoodiano, la madre calca la scena di Broadway. I genitori sono ebrei, ma educano il figlio secondo la dottrina della “Chiesa scientista” (da non confondersi con Scientology!). In seguito ad un’adolescenza problematica, per sua stessa affermazione, ottiene rapidamente una laurea alla Rutgers University nel 1971 e nello stesso anno, a soli ventidue anni, sposa l’attrice Beverly Schreiner; un paio di anni più tardi, lasceranno gli Stati Uniti per trasferirsi definitivamente a Vienna. Mentre lavora come insegnante presso l’American International School, trova nella capitale austriaca fonte di ispirazione letteraria e ben presto comincia a scrivere, dedicandovisi poi a tempo pieno.

Il suo esordio avviene nel 1980 con il romanzo The Land Of Laughs, che più tardi vince il Grand Prix de l'Imaginaire. In Italia ha una storia travagliata: arriva solo nel 2003, con la pubblicazione di uno dei suoi più tardi lavori, Mele Bianche, ad opera di Lain/Fazi Editore. Il successo è immediato, e la casa editrice comincia la pubblicazione della sua intera opera, purtroppo però senza rispettare assolutamente l’ordine cronologico dei suoi romanzi in serie. Come se non bastasse, ad incrementare il disordine e la frammentarietà del suo corpus di opere, ci si mette la Mondadori, che pubblica isolatamente il romanzo d’esordio e successivamente il primo libro di una trilogia. L’ultima pubblicazione in Italia risale ai primi mesi del 2009: da allora la Fazi non ha rilasciato altro, pur mancando ancora all’appello diversi romanzi, e si ignora quale possa esserne il destino. Nondimeno, la Fazi ha almeno il merito di aver curato delle ottime edizioni dei romanzi di Carroll, con un apparato di note davvero prezioso (senza le note ci saremmo persi tutte le infinite citazioni letterarie musicali ma soprattutto enogastronomiche!).

Le sue originali e surreali visioni gli hanno procurato una gran fama, alla quale ha contribuito anche il supporto di colleghi del calibro di Stephen King, Neil Gaiman, Jonathan Lethem e James Ellroy, suoi fedeli fan.


Opere


I primi due romanzi di Jonathan Carroll sono perfettamente rivelatori dello stile, delle caratteristiche e delle tematiche della sua intera produzione; insieme devono essere intesi come esordio letterario a più sfaccettature, due esperienze narrative e stilistiche diverse ma complementari. Il paese delle pazze risate (Mondadori 2004) è uno squisito gioco letterario, interamente pervaso di una leggera e raffinatissima ironia: nella storia del protagonista Thomas Abbey, che ha il singolare proposito di redigere l’autobiografia del suo preferito scrittore per bambini, si intrecciano la trama squisitamente surreale della cittadina di Galen e dei suoi personaggi e il percorso di crescita del protagonista. Fino ad uno scioglimento finale incredibile; caratteristica immutabile di Carroll, l’amore per i colpi di scena finali, soprattutto se nelle ultime battute.

Diversamente, La voce della nostra ombra (1983) si presenta come una storia oscura, nebulosa, fortemente intima e psicologica: sperimentato il raffinato gioco del surreale nel primo romanzo, in questo secondo lavoro Carroll affina le tecniche di caratterizzazione e approfondimento psicologico, scoprendo quanto il surreale e l’horror possano essere efficaci nel descrivere l’abisso dell’inconscio umano. E pone infine il grande interrogativo: se la realtà è puramente mentale, come si può distinguere la veglia dal sogno?
Alla luce delle esperienze complessive di questi due romanzi si può intendere il resto della produzione di Carroll, che sviluppa, approfondisce e rielabora più e più volte le medesime tematiche.
Una prima rielaborazione è espressa nel cosiddetto Sestetto delle preghiere esaudite: un ciclo di sei romanzi indipendenti che condividono personaggi, ambientazione e tematiche.

Alla base, la geniale intuizione di Carroll: ammesso che ci sia una realtà soprannaturale e complementare, intimamente connessa con l’inconscio umano e con il mondo onirico, non è detto debba avere la stessa conformazione per tutti. E’ così che di romanzo in romanzo modella, smonta e ricostruisce questo mondo soprannaturale, appropriandosi di elementi del fantastico, del surreale, dell’horror. Così, se in Ossi di Luna (Fazi 2007) concepisce per la protagonista un mondo dei sogni che è anche mondo dei morti, dove l’aspetta il figlio mai avuto, in A Child Across The Sky (I bambini di Pinsleepe, Fazi 2006) i morti possono comunicare con i vivi attraverso il televisore, mentre i film horror sono capaci di far reincarnare il Male nel mondo. Geniali, terrificanti ed originalissime sono le visioni di Carroll, ma la sua esuberante immaginazione non deve ingannare: nei suoi romanzi c’è sempre il posto per un’accurata caratterizzazione dei personaggi. L’animo umano resta al centro dei romanzi di Carroll, il surreale è solo un punto di vista dell’indagine psicanalitica; anche per l’amore c’è posto, e, bisogna dirlo, Carroll costruisce sempre con arguzia le relazioni tra i vari personaggi.

Concluso, a metà degli anni Novanta, il sestetto, Jonathan Carroll pubblica una raccolta di racconti, The Panic Hand (Tu e un quarto, Fazi 2006), che amplia e rielabora una più vecchia antologia pubblicata anni prima in Germania. La pubblicazione in seguito al termine del Sestetto, comunque, non pare casuale:  una collocazione ideale a suggellare la produzione fantastica di Carroll fino a quel momento, con racconti che rielaborano dieci cento e mille volte le sue deliranti visioni.

Chiusa questa prima stagione, Carroll è dunque pronto a nuove esperienze letterarie. In un paio di anni elabora il suo secondo ciclo: la Trilogia di Crane’s View. Pubblicato nel 1997, il primo romanzo del ciclo, Kissing The Beehive (Ciao Pauline! Mondadori 2005) si presenta come un giallo che sorprendentemente non conosce più alcun elemento fantastico, nemmeno il più semplice dei giochi surreali. Ma già nel secondo romanzo, Il matrimonio dei fiammiferi, torna a concepire visioni inquietanti: tra case fantasma ed esseri immortali, la cittadina provinciale di Crane’s View sembra uscire direttamente da un romanzo di Stephen King: e in effetti le affinità tra i due autori non sono poche.

Arriviamo così al nuovo millennio: appena un anno dopo il terzo romanzo della terminata trilogia, Carroll pubblica Mele bianche (Fazi 2003), un romanzo che sembra inaugurare una nuova serie. In realtà, almeno fino al momento in cui scrivo, il romanzo ha conosciuto un solo seguito (Zuppa di vetro, Fazi 2005): a far pensare alla possibile apertura di una nuova serie è la maestosità del nuovo universo che Carroll ha elaborato in Mele bianche. Per la prima volta, Carroll abbandona la voluta ambiguità dei suoi mondi onirici e concepisce un intero universo nei suoi minimi dettagli, con una sua filosofia-religione di base e con un incredibile affresco di personaggi ed entità immaginarie.

Zuppa di vetro è l’espressione con cui fa riferimento al grande mosaico della vita – un mosaico, letteralmente. La vita, l’universo e tutto quanto costituiscono un mosaico, non creato da un dio, ma dio egli stesso: e noi ne siamo le piccole infinite tessere. Ma per essere completo, l’ordinato mosaico deve contenere in sé il germe del suo contrario: il Caos. Così, in questi due romanzi l’autore mette in piedi una vivace avventura sovrannaturale, un’immensa storia d’amore che si congiunge con la lotta contro l’incarnazione del Caos, passando attraverso gli infiniti mondi onirici/ctoni che ognuno reca in sé.
Sono questi i romanzi maturi di Jonathan Carroll, in cui la sua immaginazione tocca dei picchi significativi, la storia si stratifica, arricchendosi di molteplici livelli di lettura e di un inevitabile spessore metafisico.

Per completare il quadro, a questi cicli narrativi si aggiungono un paio di novelle e short-stories, una delle quali scritta con Dave McKean (illustratore e collaboratore prediletto di Neil Gaiman) e l’ultimo romanzo, The Ghost in Love, pubblicato nel 2008 ma ancora inedito in Italia, e del quale, dunque, non posso parlare. Ma non è tutto: Jonathan Carroll, al pari di Neil Gaiman, è un autore estremamente attivo e prolifico nel web. Il suo blog e il suo canale twitter, aggiornati quotidianamente, forniscono un compendio ideale alla sua opera, arricchendo ancora, giorno dopo giorno, le visioni che il suo genio sa ispirare.


Commento


Due sono i punti di forza di Jonathan Carroll: la sua capacità di rinnovarsi continuamente, di concepire sempre nuovi mondi sovrannaturali, nuovi universi e nuove mitologie, e il suo affetto, per così dire, verso certe caratteristiche e certi elementi che lo accompagnano sempre. Il mondo orrorifico di I bambini di Pinsleepe, quello onirico di Ossi di Luna, il mosaico divino di Mele bianche: apparentemente sono tutti dei mondi contraddittori, alternative diverse che però non possono integrarsi. Ma a ben vedere, sono tutti diversi punti di vista, diversi modi di intendere l’inconscio, l’anima umana, le oscure pieghe della nostra realtà. Le visioni di Carroll sono tutte assolutamente complementari: e se è capace di costruire mondi completamente diversi, è anche vero che questi si basano sempre sui medesimi principi. Questo il segreto della visionarietà di Jonathan Carroll.

Ma come tradurre queste intuizioni? Come rappresentare l’irrappresentabile? Come dare forma all’inconscio, come dipingere i sogni, che voce dare ai morti? Chiara la risposta: con una mescolanza di generi che rifiuta qualunque etichetta, qualunque definizione. Come spesso Carroll racconta, alla domanda “Che tipo di romanzi scrive?” risponde sempre “Insalate”. I suoi romanzi sono “insalate” di generi: noir, horror, qualche spruzzata di mitologia, psicologia, fantastico (nel senso più ampio possibile), thriller, ma anche tanta metafisica, e tanta comicità ed ironia, e soprattutto, tanto immancabile amore.

La storia di Mele bianche e Zuppa di vetro, i suoi romanzi più recenti, nonché più amati e più famosi, è soprattutto una storia di amore: in scena va la lotta dell’Amore contro il Caos, la vita contro la morte.

Ma anche negli altri romanzi, l’amore non manca mai. Questo non vuol dire si traduca sempre in un’esaltazione del sentimento, quanto piuttosto in una onnipresente dimensione sentimentale che Carroll non dimentica mai di trascurare, dipingendo sempre con colori diversi le relazioni umane, fatte di piccoli gesti e grandi sentimenti. E la sua abilità è tale che talvolta gli basta qualche parola soltanto, un gioco di sguardi, un gesto apparentemente senza grande significato.

Proprio l’amore fa saltare agli occhi una particolarità. Una particolarità piuttosto ricorrente: i due grandi eroi tragici di Mele bianche non sono una coppia sposata, ma una coppia di amanti. E anche in altri romanzi ricorre sempre il tradimento. Chissà perché, di certo non è un riferimento alle reali esperienze dell’autore: felicemente sposato dall’età di ventidue anni. Ma anche questo è diventato un suo marchio: le scappatelle dei personaggi, e le puntuali citazioni dell’amatissimo Il mago di Oz, e gli adorabili cani razza bull terrier, la pasticceria viennese (Sachertorte a mai finire!), i ristoranti italiani, i giochi linguistici, Vienna e la lingua tedesca, l’amore per i libri, l’immancabile negozio di antiquariato – tutti ingredienti onnipresenti e tipici di un uomo che dice di scrivere insalate.

0 Commenti a “Tancredi presenta: Jonathan Carroll e l'arte del sogno”

Posta un commento

 

La Stamberga dei Lettori Copyright © 2011 | Template design by O Pregador | Powered by Blogger Templates