Recensione di Tancredi
Appena duecento pagine, margine molto ampio, carattere molto grande, diciannove euro, copertina presa in prestito a qualcuno dalle parti di Deviantart.
Tengo in mano il libro, soppesandolo, il pensiero si insinua nella testa e non se ne va via, come un virus si spande, conquista, si impone e domina. E lo riconosco: nemmeno Margaret Mazzantini è esente dalle marchette letterarie.
Come definire altrimenti un racconto tirato per le lunghe, allungato oltre la decenza, solo per apparire un romanzo meritevole di venti euro?
Spiace dirlo, ma questa è la triste verità. Non è la Mazzantini di sempre, perché non è la Mazzantini intera.
Ma veniamo alla storia: una sera, una sera qualunque, una coppia in crisi si ritrova a fronteggiarsi ai poli opposti del tavolo di un ristorante. E tra un pasto e l'altro, si costruisce l'intricato gioco di silenzi, mezze frasi, mezze bugie e mezze verità, mentre ogni occasione è buona per far partire un flashback. Così, di ricordo in ricordo, la Mazzantini ricostruisce il percorso di una coppia in crisi, di un amore finito, con lucidità e durezza. Senza poesia, senza metafore, senza immagini: la verità viene presentata nuda e cruda.
E' una storia triste quella che viene rievocata. Triste ed attualissima: la storia di Gae e Delia è la storia di un'intera generazione. E a riprova della indubbia capacità dell'autrice, le basta qualche parola, qualche sporadica riflessione per fare luce sulle ombre della nostra società. Non posso far a meno di citare:
Loro appartenevano alla generazione della patacca, del remake. Tutto era già stato provato, si trattava solo di rivisitare, senza un vero nerbo. Vecchie le ferite, le facce dipinte degli emo. Cosa c'era di nuovo? Il sushi da asporto, la festa di Halloween, Facebook. Il sogno di tutta la gente che conoscevano era quello di organizzare eventi. Di anelare a una festa continua sulle macerie di tutto.Delia e Gaetano camminano per le strade di una Roma che la notte pare diversa, estranea, non notano un motorino in fiamme, non notano niente, ogni cosa li attraversa senza lasciarne traccia. Ma la vita è anche altro, è vero: ma quello che la Mazzantini vuole scrivere è solo la cieca disperazione senza via d'uscita, il ripiegamento in se stessi che porta al soffocamento
Si può amare un romanzo (e sarebbe meglio dire, ancora una volta, racconto) del genere? Se ne siete stanchi, stanchi di queste tristi persone senza midollo, stanchi di persone che si piangono addosso, stanchi di persone che vedono solo quel che vogliono vedere, ecco, vuol dire che siete persone normali. Persone sane. O almeno, più sane di quelle descritte in questo racconto. Ma ciò non può in alcun modo togliere i meriti all'autrice. Sua la scelta di scrivere un racconto cieco, senza speranza, compassionevole; vostra la scelta di leggerlo, possibilmente con la giusta ottica. Non leggete Nessuno si salva da solo se vi aspettate veramente la salvezza. Non fatelo. Non sarebbe giusto.
Dunque, tre stelline. Una viene meno, perché è indecente lo sporco lavoro editoriale fatto dalla Mondadori: questo non è un romanzo, è un racconto annacquato. Un'altra stellina viene meno perché è una Mazzantini a metà, una Mazzantini incompiuta. Nulla a che vedere con Manola, Non ti muovere, nulla a che vedere soprattutto col mastodontico Venuto al mondo, vero romanzo totale.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Autore: Margaret Mazzantini
- Editore: Mondadori
- Data di Pubblicazione: 2011
- Collana: Scrittori italiani e stranieri
- ISBN-13: 9788804608653
- Pagine: 189
- Formato - Prezzo: Rilegato, 19.00 Euro
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