Il Resto del Carlino e la Libreria Coop di Pesaro, in occasione del San Valentino, hanno varato un'interessante iniziativa; hanno infatti invitato i lettori a comunicare in redazione il loro libro del cuore: il primo libro che li ha fatti innamorare, che è rimasto loro dentro o che ha segnato la loro vita sentimentale.
Noi del Ghetto, ispirati dall'iniziativa, abbiamo pensato di pubblicare un articolo con i nostri libri del cuore, perché possiate conoscere un po' meglio questi recensori che elevano un libro o ne stroncano un altro, per farvi sorridere, o magari perché possiate prendere spunto per le vostre letture, chissà?
E voi, lettori? Qual è il vostro libro del cuore?
"Correva l'anno millenovecentonovantotto quando una ragazzina di undici anni cresciuta a pane e fumetti -ma che si rifiutava categoricamente di gonfiarsi le pere con i libri per ragazzi che i familiari tentavano inutilmente di propinarle- prese tra le mani un volume del Club degli Editori tratto dagli scaffali del padre:
Pet Sematary di Stephen King. La quarta di copertina, che raccontava di cimiteri
indiani, bambini resuscitati e gatti zombie, prometteva incubi a non finire e il sicuro veto alla lettura da parte dei genitori. Il libro fu divorato in tre giorni, e non solo convinse la ragazzina che evidentemente non tutti i libri contenevano piccole donne e buone azioni, intraprendenti bambini all'avventura, orfani in cerca di una famiglia e piccoli principi in cerca di pecore, ma le permisero di realizzare che, se poteva terminare un libro con un bambino zombie di tre anni che divorava a morsi la madre, poteva anche smetterla di dormire col lumicino acceso.
Oggi quella ragazzina va per i ventiquattro, ha quasi finito di leggere l'opera omnia di Stephen King, e si è convinta a provare a rileggere
Piccole Donne. Le è anche piaciuto."
"Al centro della vicenda è il percorso di Arturo Bandini verso la realizzazione delle sue ambizioni artistiche e la sua educazione sentimentale dopo l'incontro con la bella e strana Camilla Lopez...
Un colpo di fulmine! Personalmente
Chiedi alla polvere di John Fante è il libro che amo di più e che mi ha fatto innamorare della lettura. Poetico, comico, romantico, duro come solamente la vita riesce ad essere. E infatti molta della vita di John Fante è dentro Arturo Bandini, protagonista del libro nonché uno dei personaggi più memorabili della letteratura americana. Così gradasso da credersi un grande scrittore dopo appena un libro pubblicato ma anche così insicuro da rimangiarsi tutto non appena un'affascinante messicana entra nella sua vita scombussolandola. Smargiasso e insicuro proprio come Fante, autore geniale ma incostante, che modella su di sè un personaggio autentico e credibile protagonista in una Los Angeles degli anni'30 descritta come pochi autori sono riusciti a fare, che accoglie nel caldo abbraccio dei sogni e soffoca nella polvere del deserto che satura l'aria delle sue strade.
Sicuramente si può odiare Bandini ma non si può rimanere indifferenti davanti alle sue tragicomiche (dis)avventure, così come si può odiare Fante, ma non si può rimanere indifferenti davanti al suo infinito talento di scrittore. Un libro assolutamente da leggere."
"San Valentino, festa degli innamorati: che quello che mi sto accingendo a raccontare sia una dichiarazione d'amore non proprio canonica? Tremo al pensiero.
Tutto ebbe inizio una sera d'inverno, quando, camminando per Venezia con il mio professore di pittura e un'altra compagna di corso, in una vetrina scorgiamo
Io uccido. Entrambi lo commentano in modo positivo, mentre io riferisco di essere in attesa che un amico me lo presti.
Il giorno dopo arrivo in aula e trovo la sorpresa: sul mio armadietto, in bella vista, sta il romanzo di Faletti, che con la sua copertina luccicante sparge attorno riflessi con inquietanti sfumature rossastre. Sorrido e, appena possibile, ringrazio il professore del prestito.
Qualche giorno dopo, il romanzo era di nuovo nelle mani del proprietario, che si
informa dei miei gusti letterari: sì, amo i thriller. La settimana successiva, un nuovo romanzo ha preso il posto di "Io uccido" sul mio armadietto: fa sicuramente meno effetto, un'edizione economica di
Il santuario delle ragazze morte, di Stephen Dobyns. Lettura inquietantissima e cupa, di cui ricordo in particolare le atmosfere angoscianti e un killer spietato da far concorrenza a quelli di Patterson. Ai brividi provocati dalla trama si aggiunge quello provocato da un pensiero che non vuol sapere di lasciarmi in pace: il maniaco omicida usa fare un insolito dono alla persona cui rivolge le proprie attenzioni. Che i libri prestatimi dal mio professore siano un messaggio subliminale a indicare qualcosa di più profondo? Altro che le scene splatter, questo è stato il mio incubo fino al giorno della restituzione. Il professore mi chiede se io abbia gradito la lettura: con fermezza e una sincera espressione nauseata gli rispondo di no.
I giorni successivi li trascorro con l'ansia di trovare un nuovo presente, ma sul mio armadietto resta solo la tavolozza sporca. Tiro un sospiro di sollievo, anche se il mio animo curioso non trattiene un moto di disappunto per non poter sapere come la storia sarebbe proseguita."
"Passare direttamente da
Le Grandi Fiabe Disney (illustrazioni meravigliose, ti voglio bene Zio Walt) ai delitti di Agatha Christie è segno di precoce depravazione mentale? Spero di no, ma così sembrava pensarla la mia insegnante di Italiano delle medie (povera Suor Ubaldina, ancora si cosparge di acqua benedetta al mio passaggio) che ai miei genitori espresse preoccupazioni per il mio sviluppo mentale. Ma che ci potevo fare io se,
passato il periodo delle fiabe, proprio non riuscivo a trovare un libro "per ragazzi" che catturasse la mia attenzione per più di 10 pagine? Dopo un certo periodo di apatia mentale, frugando nella biblioteca dei miei sono incappata in questo libercolo,
Il Natale di Poirot, e l'ho divorato. Il fascino dell'enigma insolubile, il classico delitto da camera chiusa, i piccoli indizi seminati fra le righe, le celluline grigie di Poirot al lavoro, tutto in questo libro mi ha affascinata e la zia Agatha è diventata la mia compagna di letture esclusiva per i 2 anni successivi. Poi beh, sono arrivati Dickens, Poe, la Austen, Dostoevskij, ma è stato questo giallo a farmi capire che senza libri non avrei potuto vivere. Inadatto ad una ragazzina di 11 anni? Forse, ma garantisco che crescendo non sono diventata una pazza assassina ed emotivamente sono sempre stata molto più stabile delle compagnucce che divoravano
Principessa Laurentina."
"Ricordo ancora la scena dell'incipit: era il primo giorno di quarta ginnasio, si usciva prima per dare tempo ai nuovi arrivati di adattarsi al liceo. era un settembre caldo, ne avevo approfittato per mettermi a leggere prima di pranzo sul balcone: il libro, scelto senza particolari aspettative, era
Il nome della rosa. Non avevo neppure visto il film, credo.
E fu colpo di fulmine: una di quelle passioni adolescenziali, una sorta di imprinting, che ti accompagnano per tutta la vita.
Ricordo di aver bevuto quel libro come un assetato che trova una sorgente di acque limpide nel deserto. Letto, riletto, straletto, annotato, cercato in altri libri, di Eco e non, esplorato nelle sue citazioni labirintiche, autografato anni dopo dall'autore, amato come si può amare una 'donna angelicata', portato avanti e indietro in viaggi, traslochi e peripezie varie.
Ne ho imparato interi passi a memoria a forza di rileggerlo e di rivedere il film, mirabile anch'esso. Mi sono laureato in letteratura latina medievale e ancora oggi, sotto uno strato di ceneri sempre più spesso, le braci non smettono di ardere:
'in omnibus requiem quaesivi, nusquam inveni nisi in angulo cum libro (ho sempre cercato la pace, non l'ho mai trovata se non in un angolo con un libro)'..."
- Livia Medullina scripsit:
"Nel mio cuore di lettrice un posto privilegiato è sicuramente riservato a
Storia di una capinera di Giovanni Verga. La prima volta che lessi della storia di questo amore tragico che conduce la povera protagonista alla follia avevo quattordici anni, una grande passione per i classici e poche amiche. Ovviamente, mi identificai immediatamente con questa ragazza costretta a vivere una vita che altri hanno scelto per lei. Io avevo appena cambiato scuola e mi sentivo ugualmente sola e incompresa, in classe non avevo fatto amicizia con nessuno. Una mattina però, durante l' intervallo, scorgo una mia compagna che sta leggendo proprio Storia di una capinera: mi faccio coraggio e le chiedo cosa ne pensa, lei mi dice che è la storia d' amore più triste che abbia mai letto ma anche la più bella. Nei giorni seguenti continuiamo a parlare del libro, del film che ne ha tratto Zeffirelli, e poi di tutti gli altri libri che abbiamo letto o vorremmo leggere. Molti di quei libri poi li abbiamo letti e nel corso degli anni abbiamo sempre continuato a parlarne e a confrontarci: grazie ai libri avevo già trovato una dimensione ideale in cui cercare rifugio, ma grazie a questo libro ho trovato anche una grande amica e una eccezionale "compagna di letture."
"Era l’ormai lontano 1990 quando un’adolescente e ribelle Vittoria si imbatte, un pomeriggio per caso, in un libro sullo scaffale di casa:
Mia Cugina Rachele, di Daphne Du Maurier. Naturalmente, fino a quel momento, Vittoria si era categoricamente rifiutata di leggere libri di quel calibro e, alle insistenze parentali, reagiva infuriandosi e divenendo, se possibile, ancora più ingestibile. Ma quel pomeriggio, complice anche l’assenza di vari membri del clan domestico, Vittoria si trova a dover scegliere: studiare matematica o curiosare fra i libri? Curiosare tra i libri, ovviamente. E così, sospesa tra l’incredulità e l’estasi, Vittoria si ritrova a leggere una delle autrici che in assoluto amerà di più. E alla lettura di Mia Cugina Rachele seguirà
Rebecca, la prima moglie, e poi tutta l’opera di Daphne du Maurier, compresi i racconti. Il giorno dopo, nel compito in classe di matematica, Vittoria prenderà 3, ma ne sarà valsa la pena. Inoltre, in casa, non hanno potuto arrabbiarsi più di tanto perché alla domanda: “Ma perché non hai studiato, si può sapere che hai combinato ieri?” Vittoria risponderà: “Ho letto i libri di Daphne du Maurier, come mi avevate chiesto voi! Tutto il pomeriggio, la sera e la notte fino circa alle quattro del mattino, quando poi sono crollata. E adesso non siete contenti?”."
"Il primo amore è un momento fondamentale nella crescita di una persona, che segna il passaggio dall’infanzia a qualcos’altro. Mi sarebbe piaciuto raccontare del primo libro che fece di me una lettrice, ma non credo di ricordarmelo: io lettrice ci sono nata. Pare che durante un ricovero in ospedale, subito quando non avevo nemmeno un anno il mio passatempo preferito fosse sfogliare riviste e libri illustrati e crescendo sono sempre stata la bambina col naso nei libri. Ho deciso, perciò, di raccontare il momento in cui sono diventata una lettrice adulta: il mio primo libro “da grandi”.
Era un piovoso pomeriggio di domenica dell’autunno 1996 e mi trovavo dai nonni per il tradizionale pranzo con la famiglia. Di solito ingurgitavo in due bocconi il primo, snobbavo il secondo e mi acciambellavo sulla poltrona più vicina con un romanzo: uniche pause concesse, per il bagno e per il dolce. Quella precisa domenica, però, mi ero scordata a casa tutti i miei Gaia Junior e simili delle collane per ragazzi pubblicate dalla Mondadori negli anni Novanta. Terminata senza soddisfazione la lettura di “Famiglia Cristiana” decisi che era giunta l’ora di attaccare la piccola scorta di libri dei miei avi. Sullo scaffale c’erano alcuni romanzi in più volumi, che avrei apprezzato in seguito, ma che non mi ispirarono per nulla allora: Delitto e Castigo, Don Chisciotte, I Miserabili tutti nella loro severa rilegatura di pelle scura. In fondo allo scaffale un libro diverso, con la sua copertina di finta pelle bluette, a disegni dorati. Proprio il genere di libri antichi e polverosi che mi piaceva sfogliare in biblioteca. Era una vecchia edizione Fabbri di
Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen. Lo divorai, letteralmente, in un paio di pomeriggi domenicali, catapultata in un mondo fatto di campagne, balli serali, bei vestiti, sottile ironia e uomini come Mr Darcy. Ed è ancora adesso il libro che ho riletto più volte e che non mi stanca mai, anche se crescendo ho imparato ad apprezzarne aspetti diversi."
"Ho sempre amato leggere, sin da piccolo. No, scacciate l'idea di un moccioso nascosto tra pile altissime di classici e volumi impolverati: in realtà ero il cliente ideale delle grandi case editrici specializzate in libri per bambini. Sotto i miei occhi è passata l'opera omnia (o quasi) della serie dei
Piccoli Brividi. E' difficile, quindi, rintracciare un libro che mi abbia veramente fatto innamorare della lettura, perché i miei gusti e le mie abitudini di lettura sono andate tramutandosi conformamente alla crescita. Piuttosto, c'è un libro che ha ben rappresentato un vero e proprio salto qualitativo nelle mie letture: classico dei classici adolescenziali,
Il giovane Holden. Fino ad allora la lettura era, per me, mero intrattenimento, un modo per occupare il tempo. Leggevo ogni libro con l'obiettivo preciso di terminarlo. Ebbene: tastate le prime pagine del capolavoro di Salinger, qualcosa è cambiato: non avrei voluto arrivare al termine del libro. E poi, in un certo senso, mi ero un po' innamorato del personaggio di Holden Caulfield, così irriverente, cinico, sfrontato, incomprensibile ed incomprenso. Una volta terminato il libro non ho potuto fare altrimenti: ho ricominciato da capo. Non era mai successo."
"Ho iniziato a leggere Camilleri durante il primo anno di Università: periodo complicato ma denso di novità. Catapultata da un'aula all'altra alla ricerca del
professore perduto, ore spese a sentire lezioni che, almeno inizialmente, sembravano in dialetto turco, trovo finalmente il tempo per andare in libreria (e non dal copista). La mia libraia di fiducia mi allunga questo libretto,
La forma dell'acqua, torno a casa, lo comincio e... colpo di fulmine, anzi no, amore.
E' stato, ed è ogni volta, come tornare a casa. Un posto comodo e confortevole, dove conosci tutti e riconosci i sapori e gli odori. Dove un caro amico ti porta a fare una passeggiata tra una chiacchera e l'altra, e tu ti lasci condurre certa che alla fine capirai il giro che hai fatto.
Insomma: una boccata d'aria fresca."
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