Recensione di Sakura
Notte buia, niente stelle si compone di quattro racconti lunghi difficilmente classificabili, com'è ovvio trattandosi di Stephen King. L'elemento soprannaturale è completamente assente in due dei quattro racconti, possibilmente assente in un terzo, e presente in un quarto; etichettarli come horror mi viene difficile, dovendo forzosamente scegliere sarei più portata a considerarli thriller psicologici.
I quattro racconti sono slegati, nel senso che le vicende raccontate non sono collegate tra loro; punto fondamentale di contatto è piuttosto il delitto come soluzione finale opzionata da un protagonista fino a quel momento passivo e su cui il narratore non è interessato a costruire un crescendo di suspance, spesso anticipando immediatamente all'inizio del racconto quello che sarà lo scioglimento della vicenda.
I quattro attori principali sono sia vittime che carnefici: Wilfred, protagonista di 1922, non fa mistero fin dalle prime righe della sua confessione su quale sia stata la sorte della moglie che tanto lo tormentava; Tess, ne Il Maxicamionista, diviene vittima inerme di uno stupro che fa scattare in lei un inaspettato quanto gelido sentimento di vendetta; Streeter, tra le righe di La giusta estensione, da martire sacrificato alla crudeltà dell'esistenza decide di approfittare di un'offerta soprannaturale per estendere la durata e la qualità della sua vita a scapito di qualcun altro che aveva ottenuto maggiori fortune alle sue spalle; e Darcy, eroina di Un bel matrimonio, si ritrova improvvisamente catapultata fuori dalla bolla di vetro della sua vita quasi perfetta, in seguito alla scoperta di essere sposata a un pericoloso serial killer. Fin dall'inizio di ogni racconto viene annunciato a gran voce che non c'è alcuna possibilità di redenzione o di salvezza dal delitto cogitato: tutti i carnefici si trasformeranno in vittime, e viceversa.
La quarta di copertina si compiace di sbandierare una sorta di guerra tra sessi che però solo fino a un certo punto può essere ravvisata come filo conduttore: Wilfred desidera rimettere al proprio posto la moglie Arlette, colpevole di voler vendere il lotto di terra in cui vivono per trasferirsi in città, per ristabilire una supremazia maschile in nome di tutti gli uomini del suo ceto sociale -gli unici in diritto di decidere della terra. Tess trova il coraggio di prendere la sua decisione in nome di una sorellanza tra vittime rimaste invendicate; Darcy, allo stesso modo, è freddamente decisa a eliminare il mostro che ha sposato perché nessun'altra donna debba mai più subire le orrende sofferenze arrecate alle sue vittime. Da questa triade, quasi fosse un bonus track, si astrae Streeter, l'unico cui non si contrapponga un avversario dell'altro sesso.
Le loro sono storie dure, cupe e pervase di una solitudine quasi claustrofobica (una notte buia, senza stelle), restituite con profonda introspezione psicologica. Come spesso accade negli altri romanzi di King su questa stessa lunghezza d’onda, i protagonisti smettono per un attimo la loro maschera di umanità (il più delle volte in occasione di un evento o un dettaglio trascurabile) giusto in tempo per scrutare nelle tenebre del loro cuore e realizzare cosa sarebbero in grado di fare senza di essa. Ciò che vedono non è piacevole, eppure, in questa raccolta, ognuno di loro decide di indossare quelle tenebre, permanentemente o no.
Difficile, per il lettore, schierarsi al lato di Wilfred e soprattutto di Streeter, che agiscono in nome del più assoluto egoismo; al contrario, si finisce per parteggiare inevitabilmente per Tess e Darcy: King riesce sempre a stupirmi per il modo in cui penetra la mente femminile e ne coglie le più intime reazioni al mondo esterno; mi viene da azzardare che il rapporto con sua moglie Tabitha sia una compenetrazione così totale da consentirgli di creare personaggi femminili tanto nitidi e realistici.
Una buona raccolta, in fin dei conti, che tuttavia a mio parere non è la migliore. Sulla traduzione di Wu Ming 1 non mi pronuncio perché non sono del mestiere e non ho affrontato la lettura in originale, se devo esprimermi però posso dire di aver avuto l’impressione di uno stile più scorrevole, più alla mano, rispetto a quello di Tullio Dobner. Pregio o difetto? Non sta a me giudicare il loro lavoro. Posso giudicare quello di King, però: ottimo, anche se non perfetto.
Giudizio:
+4stelle+Recensione del Gatto Zorba
Notte buia, niente stelle è una raccolta di racconti densa di contenuti umani e di timori probabili, che indaga sull’agito umano a posteriori ma soprattutto ci presenta dei temi che, ancora oggi, al di là della collocazione temporale di queste storie e soprattutto della loro ambientazione prettamente nordamericana, risultano essere di un’attualità quasi disarmante. I testi sono quattro e in un modo o nell’altro ci raccontano storie in cui centrale è la figura femminile, in tutte le declinazioni possibili.
La donna si esprime come perno nella figura della madre e moglie proprio nel primo racconto, “1922”, dove un sodalizio improbabile tra padre e figlio adolescente porterà alla scomparsa di Arlette, una figura ritenuta negativa nel loro microcosmo di miseria, il che ci porta al tema del femminicidio e della violenza in famiglia, nonostante tutte le attenuanti del caso. Ma proprio il gesto porterà una variazione sensibile nella vita dei due, dalle conseguenze nefaste. Il tema della donna si sviscera in questo testo anche attraverso il concetto di amore a ogni costo, osteggiato da un’epoca arretrata e incentivata, nelle sue regole non scritte, dalle ristrettezze dell’ambiente rurale in cui la trama si svolge.
E ancora con la violenza di genere e lo stupro si interfaccia Tess ne “Il Maxicamionista”, dove affrontiamo durante la lettura il dramma psicologico dell’abuso sessuale, con tutte le sue fasi: dal terrore alla negazione sino al senso di rivalsa, con esiti imprevisti. Perché in questo racconto si sviluppa di sicuro il senso che lo stesso scrittore ci riporta nella postilla: cosa succederebbe se qualcuno si trovasse in una situazione e reagisse in modo diverso, ma comunque plausibile? L’autrice protagonista di questa storia, infatti, si vendica e in modo netto, verso la sua disgrazia e, nel gesto compiuto, si eleva a eroina per tutte le donne che con dolore hanno attraversato un’esperienza del genere.
Ma poi, cosa accadrebbe se avessimo il potere di trasferire la nostra sfortuna alla persona che riteniamo di odiare? È questo il concetto con cui parte la storia di Streeter ne “La giusta estensione”, un testo che rispetto agli altri tre si discosta leggermente perché lascia la figura femminile ai margini per concentrarsi sul sentimento dell’invidia e del desiderio di vivere di un uomo che viene dato per spacciato. Ma la donna rimane sempre accanto a lui: la moglie che continuerà ad amarlo, sia nella cattiva sorte che in quella buona, ma ritroviamo il senso femminile anche in Norma, la moglie dell’amico Tom, che aprirà lo scenario di tragedie personali che affliggeranno la famiglia e la vita dell’odiato e nel contempo amato compare di Streeter. Con questo racconto ci si addentra in uno scenario di ira, di rivalsa e di senso di colpa, sentimenti talmente umani da condurre chiunque ad applicare l’antico assioma “mors tua vita mea”, dimostrandoci che i sentimenti di solidarietà e rispetto spesso trovano i propri limiti proprio nell’avere al posto di un altro per sfuggire al destino di una vita che ci sentiamo ingiusta, la nostra.
La dolce e arrendevole Darcy, in “Un bel matrimonio”, chiude la carrellata delle situazioni umane con cui il lettore si interfaccia, e racconta il coraggio di una persona che si ritrova a dover scegliere tra l’equilibrio di una vita e lo scoprire quanto le persone che amiamo possono dimostrarsi diverse da ciò che abbiamo conosciuto negli anni. Il nodo centrale della sua storia è il divario tra quel che immaginiamo sia la nostra esistenza e la realtà che a volte infrange, una per una, le nostre idee. Un trauma del genere ha il potere, alla fine, di cambiare anche i sentimenti, e di portare le persone ad avere in qualche modo giustizia non solo per se stessi, ma anche per le vittime sconosciute dell’altrui dolore.
Stephen King, con questo libro, non perde l’occasione di tenere il lettore attaccato alle pagine, con un continuo rimando alla suspense e alla tensione emotiva, come solo uno scrittore è in grado di fare. La forma è corretta e ben ritmata, la costruzione delle trame risulta perfetta e stupisce, di volta in volta, con l’immaginario fervido della sua facoltà di raccontare le medaglie delle esistenze da tutti i rovesci possibili. Ci si può solo interfacciare con tutta la sua produzione per discriminare una posizione di preferenza. Dal canto mio, forse, non lo ritengo al top dei suoi libri, ma questa raccolta è e rimane una lettura interessante, capace di stimolare riflessioni intense sui mali del nostro tempo.
Giudizio:
+3stelle+ (e mezzo)Dettagli del libro
- Titolo: Notte buia, niente stelle
- Titolo originale: Full dark, no stars
- Autore: Stephen King
- Traduttore: Wu Ming 1 (Roberto Bui)
- Editore: Stephen King
- Data di Pubblicazione: 2010
- ISBN-13: 9788820049621
- Pagine: 418
- Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 20,90 Euro
Salve Stamberga!
Sto leggendo di proprio questo libro e avrei una domanda o osservazione che a mio avviso potrebbe anche, forse, essere interessante.
Vista la presente recensione mi domandavo se chi ha scritto il tutto, pur avendo dato nel complesso al libro un voto alto, non avesse trovato il primo racconto, 1922, un po' troppo poco credibile e quindi "scialbo".
Mi spiego meglio: leggendo la storia King presenta il personaggio principale, il contadino Wilfred, come un uomo semplice, un bracciante, che tuttavia al contempo pare avere anche un livello di cultura non indifferente. Dato che solitamente King descrive personaggi "semplici o comuni" ma credibili, in questo purtroppo, almeno per adesso, non riesco a trovare un qualcosa di credibile, non tanto per le cose che fa, gli orrori che compie, ma per lo spessore psicologico che l'autore gli abbia voluto affidare. Trovo alquanto irreale che un contadino, degli anni '20, sapesse chi fosse Plinio il Vecchio o leggesse G. Elliot, non perché creda che i contadini siano ignoranti o persone prive di cultura, anzi, sarebbe bello ogni tanto leggere un excursus sui costumi dell'epoca, ma mi sembra un po' esagerato che in un periodo in cui nelle campagne in molti non sapevano nemmeno scrivere questo uomo sappia leggere e conosca autori anche di epoche antiche, di un certo calibro.
Mi sono fatto l'idea che King, anche riprendendo un po' i personaggi legati all'universo di Steinbeck, abbia voluto snaturare (tuttavia) questi ultimi e proporre un protagonista che goda di un livello culturale simile o (chissà!) persino pari a quello dell'autore in modo da riuscire a dare a quest'ultimo una profondità psicologica e tutta una serie di riflessioni grazie alle quali la storia nei suoi eventi risulti macabra e non banale e credibile. Solo che, dal mio punto di vista, questo aspetto non rende credibile il tutto a priori.
In fondo quante probabilità ci possono essere mai state che un contadino degli anni '20 con una fattoria nel Nebraska sapesse chi era la Dea Elpis ed il mito di Pandora?
Ho scritto tutto ciò affinché sia possibile, avere una vostra opinione e in ultima analisi per sapere se comunque consigliate questa raccolta di racconti, portandomi dunque a continuare la lettura!