Recensione
Pinky Mittal ha tredici anni e una cotta per il cugino Nimish; potrebbe sembrare una scontata storiella adolescenziale, se non fosse che lo scoprire che il cugino è innamorato della bella vicina di casa diciassettenne, Lovely, la spinge ad aprire una porta che dopo il tramonto resta sempre sprangata: è la porta del bagno, in cui, tredici anni prima, è annegata la neonata cugina di Pinky. Ed ecco l'ingresso del soprannaturale nella storia: lo spirito della bambina non ha mai abbandonato la casa e inizia a manifestarsi in diverse forme.
Presto s'intrecciano le storie di Pinky, di Lovely, della nonna Maji che ha accolto la tredicenne dopo la morte della madre, dell'acida e bellissima zia Sarvati e del marito alcolizzato, e degli altri componenti della famiglia e della servitù, in un mosaico familiare di segreti, rancori e maledizioni.
La stanza degli spiriti (Haunting Bombay) è il primo romanzo dell'autrice indoamericana Shilpa Agarwal, che nel 2003 ha vinto il First Words Literary Prize per scrittori sudasiatici.
La mia prima osservazione è che, visti i risultati, la Agarwal forse avrebbe ottenuto un risultato migliore scrivendo nella sua lingua madre: lo stile è infatti a dir poco elementare. Giusto per portare un esempio, tratto dalla parte iniziale del libro:
"Chiamò Nimish, gridando a voce bassa."Qualcuno un giorno mi spiegherà come si fa a gridare a voce bassa: se si vuole richiamare l'attenzione di qualcuno, di notte, desiderando non essere uditi da terzi, si bisbiglia, si mormora, o al massimo si parla mantenendo basso il tono della voce. Ma certo gridare a voce bassa non si può.
(pag. 27)
La penna di Agarwal è dilettantesca: oltre a varie scorrettezze di questo tipo, possiede la varietà lessicale di uno studente delle scuole primarie e uguale profondità nella costruzione dei periodi. L'abbondanza di termini hindi non tradotti, che per di più non rimandano a note a pie' pagina o in coda al volume, spezza continuamente la lettura e rende parziale la comprensione.
L'autrice non possiede la minima tecnica: il punto di vista oscilla continuamente, anche da un periodo all'altro, causando, oltre che una sommaria conoscenza degli eventi, una terribile confusione.
Non si salva nemmeno il plot: non solo il tema della casa infestata è uno dei più visti e abusati nell'intera storia della letteratura, ma l'autrice lo porta avanti in modo banale, scontato e anche noioso, a volte sfiorando persino il nonsense. Se qualche spunto interessante c'era, si perde rapidamente per strada; chiudendo il libro si ha la sensazione che, sebbene l'epilogo sveli i misteri della casa -non tutti e non esaurientemente, in realtà-, il lungo romanzo non sia andato a parare da nessuna parte.
L'unico pregio del libro, Google alla mano per comprendere tutti i termini indiani, è che consente un'immersione intrigante e indolore nella società indiana degli anni Sessanta, in seguito cioè allo smantellamento del Raj Britannico. Ma, anche in questo caso, di libri migliori ce ne sono di certo.
Tirando le somme, è un romanzo banale e scontato, con più difetti che pregi, che decisamente non vale la lettura, soprattutto considerando il numero troppo elevato di pagine e il prezzo spropositato. Sconsigliato decisamente se siete avvezzi alle buone letture e avete più di sedici anni: credo invece che possa essere un buon libro per ragazze.
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La stanza degli spiriti
- Titolo originale: Haunting Bombay
- Autore: Shilpa Agarwal
- Traduttore: Pignatti L.
- Editore: Piemme
- Data di Pubblicazione: 2010
- ISBN-13: 9788856602333
- Pagine: 482
- Formato - Prezzo: Brossura, sovraccoperta - 20,00 Euro
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