L'autore
Francesco Scardone è nato a Torre Annunziata (NA) nel 1989, ed è attualmente iscritto al secondo anno di lettere moderne. Necrophylia (2010) è il suo primo romanzo; sempre nel 2010 ha pubblicato il racconto La paura di essere me nell'antologia Trifolium della Caravaggio Editore, oltre a vari racconti e poesie su riviste di letteratura. Prossimamente sarà pubblicato il suo secondo romanzo.
Il libro
Un viaggio nella mente malata di un uomo qualunque. Potrebbe essere il tuo compagno di banco, un tuo collega, un vicino, comunque uno nascosto dietro la maschera della normalità. Potrebbe essere il riflesso che ti osserva dallo specchio quando ti fai la barba.
A cavallo tra la più nera follia e la più irrequieta lucidità. Un’immagine quotidiana vissuta tra vita e morte. Si ha sempre l’impressione di non vivere ma di sudare l’esistenza.
Un romanzo che mostra le due facce della stessa medaglia.
L'intervista
Anzitutto ciao, Francesco, e grazie per essere qui con noi.
Grazie a te per lo spazio e per il tempo.
1. Il tuo esordio è veramente notevole nonostante tu abbia solo vent'anni. La domanda più lampante e scontata (e quella che ti sarà stata posta più volte, ma io te la rifaccio comunque) è: come mai la scelta di un tema così scabroso e disturbante?
Beh, la scelta del tema deriva sicuramente dal mio innato gusto dell'orrido. E' da quando sono piccolo che vado avanti a film dell'orrore e splatter e penso lo si possa notare da Necrophylia. Ma, in ogni caso, il come (in questo caso la necrofilia), per me è solo un pretesto per parlare di altro. Mi rendo conto che un argomento del genere è poco accessibile e facilmente criticabile ma è il modo che preferisco per comunicare le cose. Amo la visceralità, la sincerità estrema. Proprio per questo motivo mi sembrava giusto raccontare quello che Necrophylia vuole raccontare attraverso un tema così forte. E poi, non posso nascondere una certa mia voglia nello stuzzicare e provocare (anche se le mie scelte derivano da questo elemento solo in minima parte).
2. Qual è il tuo rapporto con la morte? Per ovvie ragioni non ti sto chiedendo se c'è qualcosa di autobiografico nel romanzo, ma semplicemente se anche tu hai una visione un po' particolare della morte, visto il tema scelto.
Ci penso spesso alla morte. Credo sia normale. Non ti nascondo che la morte di per sé non mi spaventa molto. Allo stesso tempo, però, sono terribilmente angosciato dal pensiero di non vivere più. So che sembrerebbe esserci una contraddizione tra le due cose ma non è così. Sono terrorizzato dal dolore, questo sì, ma la morte in sé non mi spaventa più di tanto. E' il "non esserci più" che mi terrorizza. Forse questa visione è il sintomo che, nel mio profondo, credo fortemente che ci sia qualcos'altro oltre alla vita qualitativamente migliore della vita stessa. Allo stesso modo sono fermamente convinto del fatto che si debba vivere, che lo si debba fare comunque. Anche quando non ci sono motivi apparenti per farlo, lo si deve fare.
3. Com'è stato entrare letteralmente nella testa di un protagonista così disturbato?
In verità non ho operato una catarsi particolare per immedesimarmi nel protagonista. Ho cercato di scavare dentro me stesso e, in parte, nelle persone che mi circondano e in quelle che osservo anche solo casualmente. Non ho mai pensato al protagonista di Necrophylia come ad un malato, per me era solo un uomo triste e disilluso, buono sotto molti punti di vista...non so se questo arrivi completamente ma, in teoria, io l'ho immaginato così questo protagonista così particolare.
4. Io sono intimamente convinta che un romanzo non debba necessariamente veicolare un messaggio positivo, e infatti nel tuo non ne ho trovati. La pensi anche tu allo stesso modo o in realtà un messaggio c'è, ma sfugge facilmente?
Beh, io la penso come te. In effetti sono fermamente convinto che un romanzo può essere un capolavoro anche senza veicolare nessun tipo di messaggio, negativo o positivo che sia. L'unica cosa che cerco nell'arte è la sincerità, quando vedo che un artista si è messo a nudo al cento per cento, senza nascondere nulla di sé, allora, in quel momento, sono pronto a dichiarare che la sua opera è grandiosa, che il suo scritto è formidabile. Non mi interessa se i messaggi siano positivi o negativi, mi basta sentire che siano sentiti (scusa il gioco di parole).
5. Che accoglienza ha ricevuto Necrophylia tra i lettori? C'è una critica o un complimento che ti ha particolarmente colpito?
Come è lecito aspettarsi e come già sapevo non sono poche le stroncature che il romanzo ha ricevuto. La critica che mi si muove sempre è che il romanzo è ben scritto ma, proprio come tu dicevi prima, il messaggio che porta avanti è troppo negativo e lo fa in un modo troppo forte. La critica che più mi ha colpito è stata quella di una blogger che, nella sua recensione, diceva che io asserivo che la morte può essere una liberazione e lei diceva che questo non andava proprio bene. Non le ho risposto nemmeno per evitare inutili polemiche però la cosa mi ha fatto molto sorridere. In verità mi sono sbellicato! Il perché mi sembra anche inutile dirlo, visto quanto è chiaro.
D'altro canto, anche le recensioni positive sono state molte. Diciamo che, sicuramente, Necrophylia è un romanzo che divide le opinioni dei lettori, che crea discussioni.
6. Quanto aNobii e internet ti hanno aiutato nel far conoscere il tuo lavoro?
Ah, sì, per un esordiente internet è fondamentale. Tra catene di lettura, recensioni e cose del genere si riesce ad arrivare a gente che, senza la rete, sarebbe impensabile contattare. Non sono un grande fan di internet e del mondo che ci sta dietro ma non posso non riconoscere la grande mano che mi ha dato e mi dà con i miei scritti.
7. Parliamo della tua esperienza nel mondo della scrittura: quali sono i tuoi modelli o comunque gli autori e i libri che hanno segnato la tua carriera di lettore (e quindi di scrittore)?
Il mio primo e assoluto riferimento è Dostoevskij, lui è l'uomo e lo scrittore migliore che abbia abitato questa terra. Memorie del sottosuolo è il mio libro preferito. Poi non posso non citare la lettura americana contemporanea o comunque del novecento (Palahniuk, Ellis, Kerouac, Dennis Cooper). Anche il cinema mi influenza e i miei registi preferiti sono Lars Von Trier, Ingmar Bergman e Fellini. Tra gli italiani mi piace molto Vitaliano Trevisan. Preferisco la letteratura americana solitamente perchè lì lo scrittore e l'artista non viene mai confuso con l'intellettuale (usanza in voga in Italia ad esempio), e gli scrittori americani, insieme con i russi dell'800, sono i più conflittuali tra quelli che ho letto (non è una regola assoluta logicamente).
8. Cos'è per te la scrittura?
Io parlo spesso di "poetica del vomito". Scrivere, come fare arte in genere, per me equivale a "tirare fuori", estirpare un pezzo di sé e metterlo su tela, foglio, celluloide. Vomito perché questo "procedimento" comporta dolore e non è certo una cosa che si possa fare a cuor leggero. L'unica cosa di cui si deve preoccupare un artista non è il modo in cui un eventuale fruitore "subirà" la sua opera ma solo ed esclusivamente di esaminare se stesso minuziosamente, solo in questo modo, a mio parere, si può arrivare alle persone veramente. Meno l'autore si preoccupa di chi avrà a che fare con la sua opera, più la sua opera sarà degna, sincera e grandiosa.
9. Potresti raccontarci la tua esperienza nell'editoria?
In verità quando ho firmato per Necrophylia non conoscevo quasi nulla dell'editoria italiana e firmai il primo contratto che mi arrivò. All'epoca, quasi due anni fa, non avevo una connessione internet e non potevo nemmeno informarmi sulle dinamiche dell'editoria e quei pochi del campo che conoscevo avevano anche loro fatto esperienze sbagliate e mi hanno dato consigli sbagliati. Ad ora ho capito qualcosa in più dell'editoria (rimane comunque un modo intricatissimo per me) e le mie nuove esperienze (la prossima risposta ne è un esempio) confermano questa esperienza acquisita. Purtroppo, però, in Italia ci sono veramente troppi "scrittori"... e molti di questi non hanno mai letto un libro...
10. Quindi hai già un altro libro nel cassetto?
Sì, e ho anche trovato un valido ed onesto editore. Il libro si intitola Anime tagliate ed è un'altra storia estrema come quella di Necrophylia. Parla di un transessuale sadico convinto che il dolore sia l'unica dimensione possibile dell'umano vivere. In ogni caso, tra Necrophylia e questo nuovo romanzo penso di essere migliorato veramente tanto, ho corretto molte cose del mio stile che non mi piacevano e sono arrivato ad un risultato per me abbastanza soddisfacente. Attualmente il romanzo è in fase di editing e dovrebbe uscire tra un mesetto circa per la casa editrice CIESSE.
11. Personalmente penso proprio che lo leggerò! Ma adesso concluderei con una domanda che amo molto ma che tende a mettere in difficoltà gli autori: lasciando da parte quarte di copertina e sentenze precostituite, potresti dare ai lettori un motivo per leggere il tuo romanzo?
Beh...un buon motivo secondo me è il fatto che sia un libro che, con tutti i suoi difetti, ha dalla sua una immensa sincerità. Mi ci sono messo a nudo quasi completamente e credo questo sia un buon motivo per leggerlo.
Grazie di tutto, Francesco, è stato un vero piacere. Speriamo di poterci rileggere su queste pagine!
Grazie a te Sakura e un grazie anche a tutti quelli che leggeranno l'intervista e che, nel caso, leggeranno anche Necrophylia o il mio prossimo romanzo.
Bella intervista.
Leggerò il prossimo romanzo e mi aspetto che "IL" transessuale sia una donna che ha completato la transizione, diventando uomo. So che le mie attese non saranno deluse, perché uno scrittore è sempre bene informato sui personaggi della sua storia.