Nel gennaio del 1903 Léon, non ancora ventenne, assume dunque la falsa identità del dottor Marcel Legrand e riesce a entrare nella casa di colui che gli studenti universitari hanno soprannominato il Pescecane. Perché oltre che un avido uomo di potere, Kurilov è anche feroce: non esita infatti a far sparare sugli studenti, né a farli arrestare, processare e giustiziare.
Eppure, vivendo costantemente al suo fianco, il falso dottor Legrand scopre un uomo diverso: già al primo sguardo gli sembra "più flaccido, più sgretolato, più vulnerabile", e presto apprenderà che è gravemente malato. Inoltre, Kurilov è molto innamorato della seconda moglie, un'ex cocotte francese che i sovrani si rifiutano di ricevere, e a causa di questa donna, che tutti giudicano "sconveniente", affronterà perfino la disgrazia politica.
Recensione
Il breve libro della sfortunata scrittrice russa, figlia di un ricco banchiere ebreo ucraino - per stare in uno dei migliori cliché dell'antisemitismo storico -, sfuggita alle persecuzioni del comunismo stalinista per trovare la morte nel 1942 nel lager nazista di Auschwitz, racconta la storia della relazione che si sviluppa tra un terrorista infiltrato dal Partito Comunista russo e la sua vittima designata, un ministro dello zar.
Sotto le mentite vesti di un medico svizzero, Leon M. si infiltra nella vita privata, famigliare e domestica, del ministro della pubblica istruzione di Nicola II, Valerian Kurilov. Lev M., agente sovversivo dell'internazionale comunista, figlio di un terrorista morto nelle carceri zariste in Siberia e di una passionaria attivista, vive fin da bambino la vita del rivoluzionario: vede morire la madre, fervente adepta del primo comunismo, di tubercolosi, come anche due suoi fratellini piccoli, e viene allevato nell'incrollabile fede insurrezionalista da un membro del partito in Svizzera, rifugio accogliente e neutrale di plutocrati sanguinari e altrettanto agguerriti marxisti. La sua vita è priva di qualsiasi senso di affettività e di famiglia, è preordinata unicamente a servire l'idea e il partito, in modo del tutto acritico: il suo ruolo è il suo destino.
La grandezza di questo breve diario, redatto dall'attentatore negli ultimi giorni di vita, la stagione della disillusione, trascorsi dopo l'allontanamento dall'URSS in un tranquillo villaggio della Costa Azzurra, sta nella ricostruzione del rapporto che il preteso medico stringe con il feroce ministro agli ordini della repressione zarista.
Non è tanto il lato, o meglio il retrobottega, della gestione del potere che rende umano il solerte funzionario di governo: a contatto con il ministro, di cui diventa quasi confidente dopo averne alleviato le sofferenze fisiche, e i suoi referenti politici, soprattutto il rivale barone Dahl e il protettore principe Nelrode, Leon M. assiste alle dinamiche del potere e a tutti gli svantaggi della sua gestione diretta.
Tuttavia questo non basta a farlo desistere dal suo compito di uccidere Kurilov, il pescecane, laido assassino di giovani studenti progressisti.
Anzi si rende conto, ascoltando le conversazioni politiche di personaggi come Nelrode, che in fondo tanto lui quanto i suoi nemici condividono una forma di fatalismo asservito alla Ragion di Stato, che sia verso il regime zarista e la Patria Russia o verso l'Ideale rivoluzionario dell'uguaglianza. Quasi con rassegnazione intrisa da misticismo cristiano, elemento così forte nello spirito russo se si ricordano, per citarne un paio, Tolstoj e Dostoevskij, viene accolta la notizia della morte in un attentato dinamitardo di Nelrode che rientrava a Pietroburgo dopo una colazione da Kurilov: siamo in fin dei conti nel secolo che si aprì con gli assassini di re Umberto I a Monza e quello, più gravido di conseguenze, dell'arciduca Ferdinando a Sarajevo!
L'incontro con il 'pescecane' Kurilov avviene invece sul piano fisico e su quello intimo. Il corpaccione malato e flaccido del funzionario di Stato lo umanizza e nel mostra ogni fragilità: la descrizione della malattia ricorda il decorso del malessere che porterà alla morte dell'Ivan Ilic di Tolstoj, la debolezza che ne deriva fanno il controcanto alla durezza della sua politica reazionaria.
Sullo stesso piano c'è l'invicibile tenerezza che lega il ministro alla seconda moglie, una cocotte conosciuta dopo la morte della prima moglie, aristocratica e legata alla famiglia Romanov, grazie alla quale aveva avuto inizio la sua scalata nelle gerarchie governative. Il loro affetto, reciproco e profondo, diventato nel tempo una cura amorevole tra due anziani, nasconde nell'intimità della malattia e dell'alcova un lato vero e profondamente umano del 'pescecane', che arriva a sfidare le convezioni sociali e sacrificare il suo ruolo di ministro di fronte alla richiesta dello zar di divorziare, eliminando un motivo di imbarazzo come una moglie ex ballerina per la moralista famiglia imperiale russa.
Di fronte all'esautorazione di Kurilov, dopo l'effimero trionfo nel ballo, che richiama alla mente illustri precedenti letterari come quello di Kitty e Volkonskij in 'Guerra e pace', cui pure i reali partecipano, Leon M. si sente sollevato: se il pescecane non è più ministro non dovrà neppure procedere all'attentato.
E invece una serie di coincidenze, fortunate e sfortunate insieme, lo riporteranno di nuovo alla guida del ministero zarista, condannando lui a subire e il rivoluzionario ad attuare l'assassinio politico.
Dettagli del libro
- Titolo: L'affare Kurilov
- Titolo originale: L'affaire Kurilov
- Autore: Irène Némirovsky
- Traduttore: Marina Di Leo
- Editore: Adelphi
- Data di Pubblicazione: 2009
- Collana: Piccola Biblioteca
- ISBN-13: 9788845924323
- Pagine: 139
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 9,50
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