21 settembre 2010

Le interviste (im)possibili: Agatha Christie

Articolo di Polyfilo

Le interviste impossibili

Le interviste impossibili furono un esperimento radiofonico che andò in onda su Radio Rai dal 1974 al 1975. Questo esperimento ebbe un grande successo, ed un notevole seguito. Le interviste impossibili sono dialoghi fantasiosi con uomini del passato o personaggi letterari. A tale progetto parteciparono i più grandi intellettuali del tempo, i dialoghi venivano recitati da attori famosi. E fu così che Umberto Eco intervistò Beatrice, Muzio Scevola e Pitagora, Italo Calvino dialogò con l'uomo di Neanderthal e Montezuma, e Manganelli ebbe l'onore di parlare con Tutankamon, Marco Polo e Nostradamus. Furono intervistati anche Attila, D'Annunzio, Cleopatra, Freud, Jack lo squartatore, Guglielmo Tell, e tenti altri personaggi realmente esistiti o nati dalla penna di qualche famoso scrittore per un totale di 82 interviste d'autore. Ancora oggi vengono proposte iniziative per ricordare quelle interviste impossibili o ne vengono proposte di nuove. Anche noi del Ghetto abbiamo deciso di intervistare nel nostro piccolo alcuni personaggi d'autore, non siamo di certo giornalisti o grandi intellettuali, ma siamo convinti che questa iniziativa potrebbe rivelarsi interessante e piacevole.



Il personaggio

Per la serie delle interviste impossibili, abbiamo di recente avuto l'onore di essere ospitati per il tè nientemeno che da una Dama dell'Impero di Sua Maestà, Lady Agatha Mallowan Christie, in occasione del 120esimo anniversario, da poco trascorso, della sua nascita, il 15 settembre 1890.
L'infaticabile creatrice di trame criminose, le cui opere rivaleggiano per diffusione con la Bibbia e i drammi del grande bardo, ha invitato il Ghetto dei Lettori nella sua residenza londinese di Mayfair. Alle cinque in punto ci presentiamo davanti alla porta di una villa in stile neogotico, circondata da un giardino un po' trascurato e con il prato bisognoso di una sistemata.br Dopo qualche minuto di attesa e rumori di passi concitati dall'interno l'ingresso ci viene aperto dalla padrona di casa in persona, concitata, vestita di un impeccabile e pesante completo di tweed verdone con la spessa gonna sotto le ginocchia, un comodo golfino beige e una spilla di foggia orientale, scarpe nere basse e un curioso capellino in bilico su una massa di riccioli candidi tirati in alto.
Un sorriso tipicamente inglese incornicia il volto insieme a una pesante montatura di occhiali in tartaruga, sul punto di cadere dal naso.



L'intervista



A.C. Oh, povera me - il respiro appena affannato, una mano poggiata sul petto -, spero non abbiate aspettato molto, ma sapete, mi ero proprio dimenticata che oggi è il giorno di libertà della ragazza, Gladys, e la cuoca dalla cucina non vuol venire a rispondere al campanello, sa com'è difficile trattare con la servitù, e poi Elspeth è una così brava cuoca, assaggerete i suoi pasticcini e i tramezzini, e devo assolutamente tenerla da conto, io poi sono appena rientrata, sa, c'era una svendita del bianco da Harrods, gli strofinacci per asciugare i bicchieri non sono mai abbastanza, ma intanto prego, entrate pure, ho fatto servire il tè in biblioteca. Sapete, trovo che sia il luogo più adatto per il tè - poi aggiunge con un sorriso sornione - oltre che per mettere in scena il ritrovamento di un cadavere...

Si gira e ci precede per un corridoio piuttosto scuro, alla fine del quale entriamo nella biblioteca pesanti librerie in legno scuro stracariche di edizioni di classici, tappeti iraniani, la fiamma del caminetto accesa per rischiarare un ambiente che le grandi porte finestre non bastano a illuminare, visto che ormai è già quasi il tramonto. La padrona tira le tende di broccato rosso scuro e si accomoda, invitandoci a fare altrettanto con un gesto accompagnato da un sorriso, su una poltrona chippendale a righe, sovrastata dal ritratto di un'arcigna gentildonna in abiti vittoriani. Un grosso gatto certosino grigio alza pigramente lo sguardo verso di noi, restando acciambellato con aria annoiata sulla mensola del camino.


A.C. Gradite una tazza di tè?

P. Se non le spiace, Lady Agatha, prima Le faremmo qualche domanda, i nostri lettori saranno deliziati di sapere qualcosa di più sulla sua vita privata...

A.C. Oh, certo... del resto siete venuti qui apposta - ride nervosamente, si alza e prende a ravviare il fuoco maneggiando il massiccio attizzatoio di ferro battuto con notevole energia - ma sapete bene che io sono una persona discreta, preferisco rimanere il più possibile nell'ombra e osservare quel che le persone dicono e fanno quando non sanno di essere guardate è un po' come con i vetrini di un laboratorio. Si sentono tante chiacchiere interessanti. Lo diceva sempre anche Jane, Miss Marple dico, intendo che sferruzzando e allungando lo sguardo si apprende molto più di quanto non si pensi. Ma non vorrei annoiarvi, non volete assaggiare queste focaccine, vi assicuro che la mia Elspeth le fa buonissime!

P. Grazie, ne assaggeremo una insieme al tè!

A.C. Ma certo, un mio caro amico, il colonnello Bantry ripeteva sempre che un buon tè nero e bollente è quello che ci vuole per riscaldarsi, queste case vecchie sono bellissime, non lo metto in dubbio, e così tradizionali ma è sempre difficile riuscire a installare un riscaldamento che funzioni e non costi un occhio della testa. Era lo zio materno di una mia cugina di secondo grado, Clare, di Torquay, il colonnello intendo, anche se ormai quel ramo della famiglia s'è estinto... quanto tempo è passato - sospira ravviandosi i ricci bianchi, dopo essersi tolta il cappellino del tutto sgualcito.

P. Appunto, la sua famiglia è sempre stata molto importante per lei, che rapporto aveva con i suoi genitori? Ha ricevuto un'educazione molto rigida)

A.C. Oh, non saprei... molto normale, suppongo. Certo al giorno d'oggi è tutto così diverso, e non dico che non sia meglio, questo no, ma ai miei tempi si badava molto alle apparenze e specialmente le ragazze non avevano tutti questi grilli per la testa. Ecco, per esempio Gladys, la cameriera, sa, è arrivata con le referenze della contessa Sedgwick, ed è una gran brava ragazza, non dico di no, e sta imparando bene il mestiere, ma è una tale sciocca e, per esempio, non capisco perché si ostini a frequentare quei ragazzi spettinati dall'aria triste, che girano con i pantaloni davvero troppo bassi - e qui fa una smorfia di disgusto - e si vantano di non lavare i capelli per mesi interi!

P. Ce l'ha con i rasta o con gli emo? Eppure lei ha vissuto gli anni della 'swinging London', dei capelloni e tutti quei cambiamenti... non ha mai pensato che i suoi romanzi gialli avessero un'ambientazione un po' datata, con tutta questa aristocrazia al tramonto?

A.C. Ho sempre avuto una concezione piuttosto alta delle tradizioni! - risponde con aria piccata - In famiglia ho ricevuto, grazie a Dio, un'educazione molto accurata e ai miei tempi se mi fossi comportata in quel modo mi avrebbero fatto senza dubbio una bella lavata di capo, e intendo in senso letterale! Sarà come dice lei, tutto è cambiato, i rapporti sociali non sono più così regolati ma a volte non si sa proprio come comportarsi era tutto così semplice una volta. Sapevi sempre come rivolgerti a un aristocratico, se chiedere una seconda tazza di tè quando si è invitati e tutto quello che ci si aspettava da te. Ora invece è tutto così disordinato e confuso... - così dicendo si agita parecchio e la sua acconciatura riccia rischia seriamente di smottare - volete ancora un pasticcino?

Grazie. Eppure tutto sommato lei ha avuto una vita piuttosto sopra le righe il divorzio dal primo marito, il successo come scrittrice, i viaggi e le campagne di scavi archeologiche in Medio Oriente, la creazione di un personaggio così famoso come Hercule Poirot. Non trova che ci sia una contraddizione in questo?

A.C. Ah, Poirot! Quel piccolo trombone d'un immigrato belga! - fa un gesto stizzito con la mano, quasi ne volesse scacciare il fantasma - Sa che tra tutti i detective che ho inventato, Tommy e Tuppence, Miss Marple, Parker Pine, quel piccoletto mi è sempre stato cordialmente antipatico con la sua mania per i baffi impomatati e le simmetrie, così azzimato. E per giunta anche ingrato e vendicativo... io decido di calare il 'sipario' sulla sua carriera e lui mi fa fuori in pochi mesi! Miss Marple non l'avrebbe mai fatto, si sarebbe limitata a dirmi "Non se la prenda, cara, sono cose che capitano". Anche alla prozia della mia figlioccia Rosalind, che stava a St. Mary Meadow, è andata così, una vita passata a prendersi cura del marito e poi, un mese dopo che era morto, se ne va al creatore anche lei. Non avrebbe fatto una piega, glielo dico io!

P. Addirittura lei pensa, Lady Agatha, che la sua morte sia dovuta al fatto che nell'ultimo romanzo pubblicato in vita aveva fatto morire un Poirot ridotto sulla sedia a rotelle? Ma non posso credere che il piccolo monsieur Poirot non le piacesse neanche un po', in fondo gli deve tanto...

A.C. In realtà qualcosa in comune l'abbiamo. Intanto il senso della giustizia. Sono sempre stata convinta, come lui, che i criminali vadano trattati come meritano se non ci si fa scrupolo di eliminare una vita umana per il proprio tornaconto - e si sporge in avanti a versarmi ancora del the - e si è per giunta così sciocchi da farsi cogliere con le mani nel sacco, bhe... il minimo che ci si può aspettare è di finire appesi a una corda. E poi una robusta vena di romanticismo! Poirot ha un certo naso per assortire le coppie e quando può ci mette il suo zampino per far nascere quelli che chiamerebbe dei ipetit affairesi... anch'io sono un'inguaribile romantica, ho scritto anche qualche romanzo rosa, forse lo saprete, con uno pseudonimo. Dev'essere per via dell'educazione di noi ragazze vittoriane, o anche per certe vicende personali - e qui sospira profondamente -. Comunque sono piuttosto nostalgica di carattere... e vedete, anche questa ostinazione nel tenere in vita un mondo di fredde case di campagna in stile Tudor, contesse russe espatriate, colonnelli rimbecilliti, che raccontano in continuazioni aneddoti del Sudafrica o dell'India che nessuno più ascolta, e arzille prozie che sferruzzano tra un tè e una partita a bridge è per via dell'attaccamento romantico a un mondo ideale, ma non alla sua realtà. Mi domando cosa lasceremo ai nostri figli, ora che abbiamo smantellato il nostro Impero. Ma non voglio annoiarvi con la politica. Del resto il caro Archie - ridendo con civetteria - mi diceva sempre che di politica io non capisco un accidente!

P. Parlando delle sue vicende personali, Lady Agatha, lei si riferisce al suo divorzio dal colonnello Christie e alla strana vicenda della sparizione a Harrogate, che finì poi sulle prime pagine di tutti i giornali, e da cui è stato tratto un bel film, in cui il suo ruolo è toccato a Vanessa Redgrave. Non vorrebbe dirci, dopo tanti anni, cosa successe in realtà in quei giorni e se è vero che lei aveva progettato di suicidarsi facendo accusare suo marito di omicidio?

A.C. Ah, quella vicenda così spiacevole! Vanessa Redgrave poi non mi somiglia affatto. Pare che non si riesca a fare un'intervista senza finire a parlarne. Eppure ho ripetuto sa il cielo quante volte che di quella faccenda così sgradevole non ricordo nulla! - mi lancia un'occhiata di fuoco e sembra percorsa da un brivido di stizza, mentre il gatto che sonnecchiava, svegliato dal tono acuto della sua padrona, le balza in grembo e ci fissa guardingo - Oh, che spavento, Tiglat... questo bel gattone - rivolgendosi a noi - si chiama Tiglat Pileser III... il nome di un re assiro. Sa, lo ha scelto mio marito, il mio secondo marito, il povero Max. Mi ha trasmesso una grande passione per l'archeologia. Si figuri che quando insistevo per accompagnarlo negli scavi mi diceva che secondo lui mi sarei troppo impressionata se avessimo ritrovato degli scheletri o qualcosa del genere. E dire che quando prestavo servizio come infermiera ai tempi della Grande Guerra ne ho viste di ben peggiori. Fu lì che mi feci una certa pratica coi veleni dell'infermeria e l'idea di scrivere romanzi gialli... a forza di leggere i libri lasciati dai soldati che tornavano al fronte. Ecco, prendete ancora del tè e una fetta di torta, non vorrete mica offendere la mia Elspeth?

P. Grazie del tè, spero sia ancora bollente, anche se è così forte da essere quasi amaro. E poi qualcosa di caldo ci vuole, cominciavo a sentire freddo, specialmente alle gambe!

A.C. Oh, mi spiace. Temo, come vi ho detto, che queste vecchie case siano impossibili da riscaldare decentemente. Ma non vi preoccupate, non servirà ancora molto tempo...


Mi guarda di nuovo con un indecifrabile sorriso da sfinge. Anche Tiglat, il certosino grigio, che la scrittrice sta accarezzando sulle sue ginocchia, ci fissa con uno sguardo consapevole ed enigmatico.
Guardiamo la sua tazza sul tavolo del rinfresco è vuota.
Guardiamo la nostra, ancora mezza piena, il piattino che ci ha servito con gli squisiti sandwich al cetriolo, sentiamo in bocca uno strano retrogusto amaro. Forse, che non sia dovuto solamente al tè nero Pensiamo, mentre rapidamente scivoliamo nelle tenebre di un'insensibilità pesante e senza risveglio...

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