Recensione
Pubblicato per la prima volta nel 1992, è stato tradotto in italiano solo nel 2009: il perché di questa scelta è evidente prima di tutto nella trama, che si adegua perfettamente al trend vampiresco scatenato dal fenomeno Twilight – e pure la Longanesi ci marcia, ristampando il mitico “Intervista col vampiro” con tanto di slogan che fa accapponare la pelle: “Prima di Edward c'era Lestat. Prima di Twilight c'era Intervista col vampiro. Torna (se n’era andata? Signori, siete un po’ indietro con le traduzioni!) Anne Rice, la regina degli immortali”.
L’attesa di ben diciassette anni è comprensibile una volta arrivati all’ultima pagina, anzi, si vorrebbe che il romanzo fosse rimasto nel dimenticatoio. Della “solita” Harris non c’è l’ombra: niente personaggi profondi, niente umorismo, niente amore, ma soprattutto niente magia, non solo quella soprannaturale, ma più di tutto quella che sa incatenare il lettore al romanzo dalla prima all’ultima pagina.
La storia scorre su due binari, banalmente indicati con “Uno” e “Due”: il passato narrato da Daniel e il presente, narrato in terza persona ma incentrato su Alice. Presto il lettore scopre che Uno e Due sono profondamente legati da una figura inquietante, una ragazza che suscita un’attrazione morbosa e perversa negli uomini che incontra. L’unica nota positiva che mi sento di dare alla Harris è proprio la sua capacità di trasmettere un senso di inquietudine e di disagio, pur senza scendere in dettagli precisi: si sente che c’è qualcosa di strano, ma non si capisce cosa. Man mano che si prosegue nella lettura, che ho trovato veramente pesante e difficile, la storia si ingarbuglia per concludersi in un finale assurdo.
I protagonisti sono aridi rispetto a quelli che la Harris ci ha abituati a conoscere e anzi risultano quasi antipatici nei loro sospetti e nelle loro paranoie: l’unico che avrei salvato è l’ispettore Turner, che pur svolgendo un ruolo cardine trova misero spazio, appena tratteggiato e subito cancellato.
I vampiri non vengono mai menzionati come tali e sinceramente li trovo ancora meno credibili di quelli della Meyer cui dovrebbero (?) fare concorrenza. Affascinanti senza dubbio, assetati di sangue - e meno male! - ma con la possibilità di bere, mangiare, forse anche drogarsi, e infine mortali. Niente paletti di frassino, signori, niente fuoco: una pallottola e via!, terminati.
Il romanzo è rimasto sul mio comodino per oltre sette mesi, una lettura che è stata quasi un parto: lenta, svogliata, senza stimoli, quando invece la Harris altre volte è riuscita a farmi fare le ore piccole, saltando i pasti, ma anche semplicemente sognare e immergermi totalmente nel suo mondo. Questa volta ha toppato: e ringrazio la Garzanti che ha impiegato diciassette anni per pubblicare il romanzo, perché se l’avessi letto prima di tutti gli altri, non avrebbe avuto una seconda chance.
Giudizio:
+1stella+Dettagli del libro
- Titolo: Il seme del male
- Titolo originale: The Evil Seed
- Autore: Joanne Harris
- Traduttore: Laura Grandi
- Editore: Garzanti
- Data di Pubblicazione: 2009
- Collana: Narratori moderni
- ISBN-13: 9788811670254
- Pagine: 344
- Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 18,60 Euro
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