Recensione
La dissoluzione del romanzo come allegoria della dissoluzione psicologica del tossicodipendente e, forse, della dissoluzione sociologica della società occidentale.
Basterebbe questa frase ad esplicare il contenuto e le finalità di quello che è, effettivamente, un non-romanzo: una raccolta di "appunti dettagliati sia sulla malattia che sul delirio".
Due parole sulla storia editoriale di Pasto nudo: scritto negli anni '50, ossia nel periodo di tossicodipendenza di Burroughs, nasce come una raccolta di scritti sparsi: allucinazioni, deliri, ricordi falsati, tutti senza alcun apparente collegamento; molti anni più tardi furono collezionati e riuniti in un romanzo, arrivato nelle librerie quando Burroughs era ormai pulito ed affermato.
Dare un giudizio a Pasto nudo è difficile, perché ti coglie l'imbarazzo nel momento in cui ti trovi di fronte alla sua trama: e non puoi nascondere che no, non ci hai proprio capito niente. Questa, forse, è la sola pecca che sentirei di denunciare, ma è una pecca che riguarda l'esperienza di lettura: ammetto di non essere in possesso delle conoscenze e degli strumenti culturali necessari per decifrare a pieno questo romanzo. Burroughs sa di che parla, ma non lo spiega, e il lettore si ritrova davanti una sfilza sterminata di personaggi e situazioni che non sa come interpretare, una serie di sott'intesi, di citazioni, di riferimenti più o meno evidenti, che però finiscono col perdersi. Sicuramente c'è molto più dell'apparente caos di parole.
Più soddisfacente si rivela parlare del suo stile. E in questo caso, non ci sono critiche che tengano, perché è veramente nello stile, nella scarificazione tecnica del romanzo, nello sperimentalismo feroce che si rivela il genio di Burroughs. E con ciò voglio intendere: l'uso di diversi espedienti narrativi; l'assenza di una regola fissa per il grado di focalizzazione ed il ricorso, dunque, ad un narratore che cambia sempre; una scrittura che a volte rasenta la poesia, spezzando la continuità narrativa in versi isolati; le continue interferenze dell'autore, che spiega i significati di certi termini gergali o dà qualche delucidazione su certe situazioni; il ricorso al surreale (e surreali sono tutte le abbondanti pratiche omoerotiche descritte con sorprendente ricchezza di dettagli!!); l'uso particolarmente alienante di tematiche fantascientifiche (e in diversi momenti Burroughs acquista una straordinaria lucidità nel tratteggiare questa strana società dell'Interzona, con le sue creature mostruose, ibride, i suoi partiti al limite dell'assurdo); ma soprattutto, tutto il finale apparato extra-narrativo. Scorrendo verso la fine, ad un certo punto, il romanzo diviene sempre meno romanzo, e si scivola ambiguamente nell'extra-narratività, con una serie di postille, appendici, prefazioni (messe alla fine!) e post-fazioni dell'autore.
Riprendo dunque il commento di apertura: un originalissimo non-romanzo. Non aspettatevi dunque un romanzo con una particolare trama: l'autore evidentemente non si accontenta di parlare di omosessuali drogati, di sesso e di astinenza; no, il suo messaggio è tutto nell'esperienza di lettura, alienata e dissociata come può essere realmente la vita di un tossicodipendente.
Giudizio:
+4stelle+ (e mezzo)Dettagli del libro
- Titolo: Pasto nudo
- Titolo originale: Naked Lunch
- Autore: William S. Burroughs
- Traduttore: F. Cavagnoli
- Editore: Adelphi
- Data di Pubblicazione: 2006
- Collana: Gli Adelphi
- ISBN-13: 9788845920936
- Pagine: 273
- Formato - Prezzo: Brossura - 11,00 Euro
capolavoro assoluto