23 giugno 2010

Eredità blindate - Andrea Ribezzi

Ritorna l'ispettore Massimo Ravera, un uomo con le sue indecisioni e complicazioni sentimentali, i suoi affetti familiari da definire e da consolidare, il suo senso di giustizia che lo ha portato alla scelta di quella professione; scelta messa a dura prova dagli eventi e da rapporti gerarchici talvolta difficili. Massimo Ravera vuol chiudere i conti sospesi della propria vita (il difficile rapporto con la figura paterna) e pretende chiarezza sul proprio ruolo nei confronti della giustizia. In questo romanzo l'autore propone una storia ambientata in una Trieste che ha come termini di riferimento gli anni cupi dell'occupazione nazista (con tutte le sue implicazioni di collaborazionisti, spie, delazioni e violenze), poi quelli dell'amministrazione alleata e delle manovre dei servizi segreti italiani e di movimenti neofascisti, quindi la città di anni più vicini, dell'immigrazione dai Balcani, del traffico internazionale di droga e della prostituzione, delle implicazioni politiche della delinquenza organizzata. E quando il contesto dell'inchiesta sembra scoraggiare e deludere, l'ispettore Ravera, ancora una volta, dovrà far appello alla tenacia, come il capitano Bellodi di Sciascia.

Recensione di Polyfilo

L’ispettore Ravera, che non usa mai parolacce, si muove a scatti, sembra procedere con passo confuso: come con le donne che incrociano la sua strada non ha le idee ben chiare e si lascia fuorviare facilmente. Potenzialmente il personaggio non è male: un poliziotto si trova catapultato dall’improvvisa morte del padre in una serie di vicende, in cui si intrecciano diverse piste investigative, oltre a situazioni più intime e complesse, che riguardano il rapporto con le sue origini, il che per un poliziotto assume un significato profondo.

Scoprire che suo padre era qualcosa di più di uno sbandato ma aveva rapporti con fette di criminalità organizzata a vari livelli, lo porta, insieme a una serie di dinamiche interne al suo distretto di Polizia, a mettere in discussione la sua vocazione per la giustizia, che mostra in questo caso uno stretto vincolo con la verità, personale e famigliare.

Tutto quello che nel romanzo poliziesco riguarda il percorso investigativo è ricostruito in maniera convincente e coerente: le gerarchie fortemente strutturate e le difficoltà nel dialogo con i superiori che si mettono di traverso alla logica della verità/giustizia in nome di interessi più alti; il rapporto complicato con i colleghi, anche per un carattere - quello di Massimo Ravera - spigoloso e tagliente, come la bora del golfo triestino, affatto incline alle mediazioni; il controllo incombente, anche se non del tutto avverso, della Procura nelle vesti di un giovane magistrato, Silvana Melfi, da cui l’ispettore pare si lascerebbe volentieri affascinare.

Allo stesso modo il cotè della mala triestina emerge dai vicoli dei quartieri malfamati, popolati di prostitute e gaglioffi, ma nei quali anche altri strati sociali non disdegnano di mettere piede: la geografia di Trieste, terra di confine tra il nordest onesto e produttivo, fiero della sua tradizione di onestà asburgica, e l’est europeo, dilaniato da guerre civili e mafie sanguinarie, sembra ricalcare la situazione sociale di una comunità che dimentica spesso, o finge di dimenticare, certi aspetti del proprio passato, più o meno vicino.

Il rapporto di Ravera con la sua memoria, quella personale del padre, mediato anche dalla figura positiva del nonno paterno, trova un interessante controcanto nella vicenda che coinvolge degli ex gerarchi nazisti, sfuggiti grazie all’organizzazione delle SS ai processi del dopoguerra, ma anche la fitta rete di collaborazionisti locali. Mentre il nodo degli affetti sembra sciogliersi nella conclusione, le contraddizioni della Storia, divisa tra 2° guerra mondiale e foibe partigiane, sono destinate a rimanere aperte. Uno spaccato reale dell’Italia di oggi e, probabilmente, purtroppo, di domani.

La trama dell’investigazione mette però troppa carne al fuoco: si rimane nel vago sugli incroci tra traffici di droga e prostitute, la criminalità moderna dunque, e la vicenda legata a Odessa e agli ufficiali nazisti in fuga. I temi coinvolti sono tanti e intricati, forse troppi e alla fine seguire il fitto succedersi di nomi e fatti rimane difficile e suscita un senso di poca scorrevolezza.

Legato a questo procedere a tratti faticoso è anche il fatto che lo spazio per far emergere i personaggi è molto ridotto: a parte Massimo Ravera tutti gli altri – e sono tanti, anche qui forse troppi – restano quasi al ruolo di comparse, e vale anche per il nonno, Settimo Ravera; Valentina, la collega candidata amante, il padre stesso che dà avvio alla storia ma del quale viene spiegato praticamente nulla.

Il ritmo e lo stile seguono l’andamento altalenante della narrazione: accanto a piccole perle descrittive come l’inseguimento della finta infermiera si trovano espressioni come ‘c’entrare’ che mostrano cedimenti sugli usi del parlato senza una vera ragione complessiva.

Giudizio:

+3stelle+

Recensione di Pythia

Eredità blindate è il secondo episodio delle indagini dell'ispettore Ravera: di norma, nei casi di romanzi seriali, preferisco cominciare dal primo, in modo tale da avere chiaro fin sa subito il quadro della situazione. Talvolta capita però di imbattersi in una puntata a caso e di trovarsi così a fare i conti con eventi già narrati di cui non si sa nulla: sta all'autore scegliere se accennarvi di sfuggita, dando per scontato che il lettore ne sia già a conoscenza, o scriverne in modo tale da far intuire di cosa stia parlando, senza però essere ripetitivo per chi ha già letto i capitoli precedenti. Andrea Ribezzi fa parte del primo caso: già dalla prima pagina il lettore incontra personaggi presentati per nome, di cui si dà per scontato che conosca le relazioni, il ruolo, il carattere. La cosa si fa molto ostica anche perché l'autore non si perde nelle descrizioni, preferendo una narrazione molto veloce che si svolge per lo più tramite dialoghi.

Ecco che chi è estraneo non solo alle vicende del primo romanzo, ma anche alla stessa Trieste, in cui è ambientata la storia, si trova decisamente spaesato e in grosse difficoltà a seguire il racconto. Con un po' di pazienza, tuttavia, si riesce a ricostruire ciò che manca, per lo meno a grandi linee.

Un altro nodo particolarmente ostico è il riferimento a vicende storiche reali che sono date per scontate: il presente della narrazione è legato al passato della Trieste degli anni '50, dove la ferita della seconda guerra mondiale era ancora aperta e i collaborazionisti dei nazisti venivano perseguitati e processati. La scuola italiana non brilla certo per l'approfondimento della storia recente, che dovrebbe essere studiata meglio di quella mesopotamica o egiziana, e quindi, per capire i collegamenti profondi con questo passato non troppo lontano, il lettore deve rispolverare i vecchi libri scolastici o, più semplicemente, rivolgersi al grande oracolo internettiano.

Credo che se un romanzo tratti, seppur marginalmente, di vicende storiche, debba riuscire a trasmettere al lettore la conoscenza necessaria a capirle, anche in modo superficiale, per poi incoraggiare un approfondimento: obbligare allo studio per quello che vorrebbe essere un momento di piacere lo trovo poco corretto.

Le 250 pagine scorrono veloci: non sarebbe stato male aggiungerne un altro centinaio da dedicare all'approfondimento delle descrizioni di personaggi e luoghi, che sono davvero ridotte all'osso se non di più, e magari lasciare qualche spunto storico ulteriore. Il romanzo non ne sarebbe riuscito appesantito, dato che Ribezzi ha uno stile molto scorrevole e immediato, che talvolta rende difficile chiudere il libro: e al lettore sarebbe rimasto qualcosa di più che una narrazione rapida, sincopata e asettica.

Giudizio:

+2stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Eredità blindate
  • Autore: Andrea Ribezzi
  • Editore: Ibiskos Editrice Risolo
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Anthurium
  • ISBN-13: 9788854606685
  • Pagine: 250
  • Formato - Prezzo: Brossura - 12,00 Euro

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