Recensione
Attraverso l'assoluta leggerezza a cui ci ha ormai abituato nell'intero corpus della sua opera, Lia Levi racconta stavolta quarant'anni nella storia di una famiglia ebraica piemontese. Il paragone che viene in mente, ma più per differenza che non per analogia, è con "Le strade di polvere" di Rosetta Loy. Levi, infatti, prende quasi a pretesto la figura di Teresa, la sposa del titolo, per intessere un soave racconto di un'epoca (prima ancora che di alcuni, ben precisi, personalità e caratteri), quasi una favola rosa: la forza di carattere di una donna nel perseguire il suo sogno d'amore che è, anche, un sogno di riscatto, rivincita sociale.
La bella e vitale Teresa farà invaghire di sé il rampante banchiere Amos e, pur essendo cristiana e non ebrea, riuscirà a sposarlo: la "cacciata" di Amos dalla comunità ebraica di Saluzzo, dove la vicenda si svolge, sarà per la giovane sposa contadina lo sprone a voler diventare ebrea. Abbracciare la religione del marito, sarà per lei il più grande regalo d'amore.
In questa sua ricerca, sarà aiutata da Sara, la figlia del rabbino del paese nonché la sposa che i familiari di Amos (e soprattutto sua sorella) avrebbero volentieri visto al suo fianco, che diventa così il ponte tra i due universi.
In realtà il romanzo, nell'apparente semplicità della vicenda, intreccia molti temi tanto che quello dell'ebraismo resta quasi il contorno rituale (belle le immagini dei preparativi per Pesach): i contrasti di classe, il cinismo d'amore di Teresa (il suo "comportamento", guidato soltanto dall'amore per Amos, si spegnerà di schianto alla morte di lui), la scalata sociale, l'abbandono senza alcun rimorso delle sue umili origini da parte di Teresa, sono tutti elementi che entrano a descrivere la vicenda in maniera molto più importante che non la semplice descrizione di una storia d'amore o di un milieu sociale e religioso come quello della comunità ebraica. Persino l'aspetto di autodifesa della minoranza, altro tema che compare sullo sfondo, resta appunto il contorno. Ciò che risalta è la normalità quasi assoluta di una donna che si integra dentro una comunità, per quanto piccola, che non l'avrebbe voluta. Al rifiuto contrappone una sorta di real politik.
La vicenda, in parte autobiografica (Teresa ed Amos sono in realtà i nonni della Levi), si ferma bruscamente, e quasi con pudore, alle soglie della catastrofe. Alla morte di Amos, Teresa non ha più motivo di mantenere unita la famiglia, nel frattempo accresciutasi di figli e nipoti, e come se nulla fosse "molla la presa": che ognuno, a quel punto, segua il suo destino. Gli affetti si sciolgono, le case si svuotano, i riti ebraici che aveva orgogliosamente imparato e poi seguito per tutta la vita sono immediatamente dimenticati, quasi rifiutati. Un "ognun per sé" simboleggiato dal recupero di una vecchia scultura in legno di Brustolon raffigurante la Madonna che Amos, seguendo il precetto ebraico che non prevede culto mariano, le aveva chiesto di tenere in disparte e che invece ora può finalmente troneggiare sul cassettone della camera matrimoniale. Teresa non ha più motivo di essere la matriarca.
Siamo poi all'infamia delle leggi razziali, la catastrofe sta per arrivare. L'Europa è ormai sull'orlo del baratro. Lia Levi, velocemente, decide di accennare qualche destino e poi si ferma. Stende un velo su un dramma che, altrove, in altri libri, aveva già raccontato. Quasi una forma di pudore, un rispetto verso questa storia d'amore così particolare.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La sposa gentile
- Autore: Lia Levi
- Editore: Edizioni E/O
- Data di Pubblicazione: 2010
- Collana: Dal Mondo - Italia
- ISBN-13: 9788876418860
- Pagine: 215
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 18,00
Di Lia Levi consiglio anche Una bambina e basta (E/O, se ben ricordo), la storia intensa, commovente, di una bambina ebrea nascosta in un convento nel periodo della persecuzione