Recensione
Sentì di avere quell'uomo nel sangue con una certezza così antica e selvaggia, che si stupì di tutto il tempo passato al suo fianco senza rendersene conto.
Eliza Sommers è una trovatella di probabile origine cilena, per sua fortuna accolta e cresciuta da una ricca famiglia inglese composta dalla giovane Miss Rose e dall’arcigno fratello Jeremy, trapiantati a Valparaìso.
Da bambina spensierata, divisa tra la rigidità dell’educazione da signorina impartitagli dalla madre adottiva, e il surreale mondo indigeno della tata Mama Fresia, si trasforma in donna, e com’è naturale scopre ben presto l’amore nello spiantato e idealista Joaquìn Andieta. Il loro amore clandestino si consuma più e più volte nel guardaroba delle tende, finché Joaquìn non si lascia coinvolgere dalla febbre dell’oro che spinge tanti cercatori da tutto il mondo a tentare la fortuna in California, e abbandona Eliza, incinta e inconsolabile, per inseguire il sogno della facile ricchezza.
Eliza, incapace di dimenticare l’amato, riesce a convincere l’agopuntore Tao Chi’en, ex cuoco della nave dello zio John, a imbarcarla come clandestina alla volta di San Francisco, ed è qui che inizia la vera carrera de vivir della giovane, che intraprenderà una lunghissima e strenua ricerca per tutta la California, sulle orme di Joaquìn ormai ridotto a mera immagine idealizzata nella sua mente.
Non me l’aspettavo, ma mi è piaciuto parecchio. Credevo, pur non avendo letto molto, che la Allende non avesse più nulla da dire dopo la morte della figlia Paula, e in effetti La figlia della fortuna, come pure Ritratto in seppia, manca della capacità evocativa della Casa degli spiriti, pur entrambe possedendo in comune con quest’ultimo temi, luoghi (anche se il Cile, questa volta, divide la scena con i pittoreschi fondali californiani della corsa all’oro e persino, brevemente, con le ambientazioni cinesi) e alcune comparse. Chi non ama la Allende potrà obiettare che questo romanzo è l’ennesima rifrittura degli stessi temi; vorrà dire che sono temi nelle mie corde, dal momento che la storia mi ha avvinta al punto da spingermi a leggerlo in breve tempo.
La narrazione è spenta, meno ‘magica’, meno empatica, ma la profondità di questi personaggi riecheggia quella delle sue precedenti opere, pur non possedendo protagonisti del calibro di Clara o Esteban, ormai diventati storici nell’immaginario degli appassionati del genere.
Eliza è un personaggio così splendido da risultare quasi irreale: appassionata nel suo amore, o almeno nella sua idea dell’amore, tenace, forte; a lei si affianca la dolcezza e la compostezza di Tao Chi’en, il suo perfetto yang. Entrambi sono indagati a fondo, e la relazione che intrecciano è di una maturità e di un equilibrio straordinari. Attorno a loro, come sempre, agisce una frotta di personaggi secondari, tutti dipinti con poche pennellate; alcuni d’essi li ritroveremo in Ritratto in seppia, che donerà anche un seguito alla storia di Eliza e Tao.
Ciò che manca principalmente in questo libro, come dicevo, più che personaggi di spicco, è la magia: gli elementi sovrannaturali o comunque tipici del realismo magico sono ben pochi, e quasi tutti limitati al solo personaggio di Tao. Stessa identica cosa avviene in Ritratto in seppia: chi ha letto la Allende ‘prima’ e ‘dopo’ non potrà che rendersi conto che qualcosa, evidentemente, s’è spezzato.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La figlia della fortuna
- Titolo originale: La hija de la fortuna
- Autore: Isabel Allende
- Traduttore: Liverani E.
- Editore: Feltrinelli
- Data di Pubblicazione: 2003
- Collana: Universale Economica
- ISBN-13: 9788807816604
- Pagine: 336
- Formato - Prezzo: Tascabile - Euro 8,00
0 Commenti a “La figlia della fortuna - Isabel Allende”
Posta un commento