Con lo stesso spirito, questa madre accompagnerà invisibilmente il figlio nel letto dei suoi amori, come lo assisterà sul letto di morte: morte di un poeta adolescente che voleva darsi tutto alla rivoluzione. Il poeta, la madre, la giovinezza, la rivoluzione: chi non sente una qualche reverenza verso queste parole? In esse avvertiamo il soffio dell''età lirica', dello spirito adolescente, di ogni pretesa di innocenza.
Ma questo romanzo, tanto più duro nella sostanza quanto più arioso nel suo articolarsi e agile nel suo sarcasmo, ci mostra anche il "sorriso insanguinato" dell'innocenza. Qui non si dice nulla contro la poesia 'in sé', ma si svela una possibilità del mostruoso che è interna alla poesia e ben pochi sanno riconoscere. E qui si mette in scena, con una precisione e una distanza che non hanno uguali, quell'èra in cui "il poeta regnava a fianco del carnefice". Ora non potremo più guardare al poeta, alla madre, alla giovinezza, alla rivoluzione con occhi devoti. Ora saremo condotti per mano a constatare come, per un poeta che la morte coglierà prima dei vent'anni, il supremo compimento possa anche essere la delazione.
"Forse polizia e poesia vanno molto più d'accordo di quanto alcuni non pensino" riflette il poeta.
Recensione
Il racconto lineare della vita di un poeta, dall'infanzia alla maturità, fino alla morte, del suo rapporto con la madre, l'amore e le ideologie nella Praga in cui si costruisce l'utopia comunista filosvietica, diventa l'occasione per una riflessione generale, meglio un'osservazione quasi clinica - e un po' anche cinica -, sul ruolo della poesia e dell'arte nella vita umana.
E la vita è altrove, come dice il titolo. La vita di Jaromil è tutta votata da un lato a perseguire l'obiettivo di diventare un poeta, dall'altro a raggiungere la libertà, dalla madre, dalla famiglia, dai condizionamenti borghesi, infine anche dall'amore. Egli non si accorge dell'incoerenza di fondo nelle sue scelte: crede di diventare poeta per una sua scelta libera, a questo ideale ritiene tutto sia sacrificabile, e non realizza che la scelta era già contenuta nei desideri materni prima ancora della sua nascita.
L'autore segue la sua storia dall'alto, con misto di indulgenza sarcastica e di compassionevole obiettività, e svela come il suo percorso di liberazione e purificazione non sia altro che il volontario consegnarsi a un'altra schiavitù, quella dell'ideale, mascherata dalla sensuale allure della ribellione.
I miti della poesia al potere, del governo dei giusti e dei filosofi, della purezza del lirismo, dell'ardore giovanile come spinta per il cambiamento e il progresso mostrano da un lato le loro radici nell'apparato della tradizione che vorrebbero annichilire - si tratta del rapporto con la madre - dall'altro il proprio volto feroce e crudele, che antepone l'idea alle persone.
Il protagonista Jaromil, "figlio della primavera", segue le diverse tappe della sua crescita fondendo insieme il suo percorso come uomo e come poeta: quello di Kundera è un nuovo ritratto dell'artista da giovane, ambientato nel clima arroventato della nascita della dittatura comunista cecoslovacca negli anni cinquanta, strettamente legato anche alla vicenda biografica dell'autore.
Non si riesce a guardare a Jaromil e alla sua ingenua crudeltà senza un misto di tenerezza e comprensione. I suoi eroici furori sono legati a un desiderio di assolutezza che è connaturato alla giovinezza, la sua adorazione quasi mistica per la poesia lirica rende vana ogni possibilità di relativizzare e contestualizzare quelle esperienze che costituiscono la vita e che per lui rimangono, tragicomicamente, altrove.
Lo sdoppiamento operato tra Jaromil, che vede se stesso sempre lontano dal suo ideale di realizzazione come uomo-poeta, e Xaver, il giovane rivoluzionario libero e coraggioso si trasforma in allegoria del rapporto mancato, lo scontro, tra idealità e realtà, sublima il conflitto tra il "come il poeta è" e il "come vorrebbe/dovrebbe essere". E l'ansia dell'adeguamento a quell'immagine, adombrata nel padre e repressa nella madre, genera un ardore e un calore che finisce per consumare del tutto Jaromil.
Se anche il colore che predomina nella narrazione spoglia è il grigiore nitido e povero della tipica architettura di periodo sovietico, il chiarore in cui il poeta si trasforma, vittima e carnefice allo stesso tempo di se stesso, rende il racconto della sua vita avvincente e indimenticabile.
Come la tomba sulla quale muore, spegnendosi come una candela, l'illusione.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La vita è altrove
- Titolo originale: Zivot je jinde
- Autore: Milan Kundera
- Traduttore: Serena Vitale
- Editore: Adelphi
- Data di Pubblicazione: 1992
- ISBN-13: 9788845908958
- Pagine: 349
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 10,00
Cara Vittoria, ti ringrazio per essere passata da me e ti do il mio ok per la tua proposta! Volentieri, appena il tutto sarà realizzato...
Grazie!