Le autrici
Anna Segre è un medico psicoterapeuta e anche una scrittrice affermata.
Tra le sue opere ricordiamo: Lezioni di sesso per donne sentimentali (Coniglio Editore), Monologhi di poi (Manni Editore).
Gloria Pavoncello è sociologa.
Insieme hanno collaborato per la stesura del libro Judenrampe.
Il libro
Paura, freddo, umiliazione, dolore, rabbia ma anche forza, coraggio, ribellione: l'anima di Judenrampe è costituita dall'insieme delle testimonianze dei sopravvissuti ai campi di sterminio. Ogni racconto è unico nella forza, nell'intensità e nella potenza delle emozioni che innesca. Ogni sopravvissuto arriva al cuore del lettore narrando la propria esperienza con una semplicità e una profondità completamente coinvolgente. Questo libro invita il lettore ad ascoltare, a lasciarsi coinvolgere e a essere testimone delle vite, gli incontri, le riflessioni, le emozioni, la paura, la speranza e infine la forza straordinaria dei suoi protagonisti. Una forza che vorremmo non si arrestasse mai, una memoria che vorremmo condivisa e conservata. Ogni racconto è seguito da un ritratto lirico che ne arricchisce il significato.
L'intervista
1. Innanzitutto grazie, Anna e Gloria, per questa intervista. Vorrei farvi i complimenti per il vostro libro in uscita con la Casa Editrice Elliot. Com’è iniziata la vostra collaborazione?
Anna: Nel 2005 Adriano mordenti, fotografo free lance impegnato politicamente, mi ha chiamato per propormi di scrivere un ritratto lirico accanto alle foto dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti per una mostra fotografica . Io non sapevo se accettare, dato che l’argomento è per me (e in assoluto) molto delicato e importante e non mi sentivo all’altezza. In più non avevo notizie personali sui deportati, non li conoscevo e non avevo elementi per farne il ritratto lirico. Lui ha insistito e mi ha dato quella valigia di foto da portarmi a casa per ispirarmi…
Gloria: … Anna mi invitò a casa sua per vedere queste foto e, per una serie di coincidenze (ma io penso che niente accada per caso), la prima foto era il mio vicino di casa, la seconda ritraeva anche mio padre come testimone alle nozze del deportato, la terza era un cugino di mia madre…
Anna: … a quel punto è stato chiaro che il lavoro dovevamo farlo e dovevamo farlo insieme.
Gloria: abbiamo deciso di intervistare i fotografati per un’esigenza di rigore, per avere dati certi su di loro…
Anna: …sì, è necessario precisare che per ritratto lirico io intendevo un distillato dell’esperienza, che poteva essere significativo per de lineare l’individualità di quella persona e il segno lasciato dai fatti accaduti: il danno irreparabile della discriminazione, della persecuzione e dello sterminio.
2. Potete parlarmi di Judenrampe, la nascita di questa vostra opera?
Anna: non avevamo intenzione di scrivere un libro. Volevamo solo raccogliere informazioni per fare un lavoro onesto…
Gloria: … ma poi la cosa ci ha preso la mano, era come un percorso di crescita, non solo di conoscenza. Non ci siamo limitate a andare una volta a casa di queste persone per intervistarle, li abbiamo incontrati più volte anche in altre situazioni: volevamo un rapporto.
Anna: Ci siamo trovate in mano tutte queste storie di vita, per noi erano importanti. Abbiamo passato intere giornate a parlare delle persone e di quello che ci avevano detto e di come i loro racconti ci stessero cambiando il punto di vista rispetto a concetti che sembrano semplici come fame, freddo, paura, umiliazione, solitudine, e che, attraverso i loro occhi, cambiavano valenza…
Gloria: … A quel punto abbiamo cominciato a elaborare il materiale registrato perché queste nuove consapevolezze ci bruciavano dentro e avevamo la necessità di capire meglio, di approfondire…
Anna: … è così che è nato Judenrampe.
3. Le vite che si leggono nel vostro libro rimangono impresse. Restano con il lettore anche una volta terminata la lettura. Come mai secondo voi?
Gloria: Rimangono impresse innanzitutto perché i racconti sono veri, autentici. Noi li abbiamo scritti in prima persona singolare esattamente come loro ce li hanno narrati. Abbiamo rispettato il loro modo di parlare, senza correggere o limare. Se avessimo potuto, avremmo anche riportato le loro pause, i loro silenzi. Durante le interviste li abbiamo lasciati parlare, non abbiamo fatto domande, non li abbiamo mai interrotti...
Anna: avevamo mille domande da fare, ma ci siamo imposte di non farle per lasciare a loro la piena libertà di esprimersi…
Gloria: soprattutto per una forma di rispetto: sapevamo che stavamo entrando in un territorio doloroso e non volevamo che si sentissero obbligati a risponderci, ma dicessero solo quello che si sentivano di dire…
Anna: immediatamente dopo la testimonianza il lettore si trova davanti il testo lirico. La testimonianza spiega la poesia, la poesia distilla la testimonianza. E lì sei obbligato a rallentare il ritmo di lettura. Il che crea una cesura tra una testimonianza e l’altra. L’alchimia tra le due forme di narrazione è tale che si completano, si arricchiscono vicendevolmente di significati.
4. Si dice che ogni scrittore abbia un rapporto speciale con i personaggi delle proprie opere.
Anna: loro sono persone vere. Abbiamo avuto (e abbiamo) con ognuno un rapporto diverso.
Gloria: nonostante con alcuni di loro il rapporto si sia limitato all’incontro per l’intervista, siamo legate profondamente a tutti loro…
Anna: quello che ci hanno detto si è trasformato in quello che ci hanno dato. Le parole sono diventate fatti, le loro storie ormai fanno parte delle nostre vite.
5. Vi siete fatte portatrici di voci e di vicende umane perché la gente possa conoscerle nel profondo e portarle con sé, perché divengano parte di ogni lettore.
Anna: questo è un libro sulla dignità, offesa, annullata in quegli anni e faticosamente ricomposta, recuperata in parte, ma danneggiata indelebilmente. Hanno cominciato con le leggi razziali, a offendere la dignità, escludendo i bambini ebrei dalle scuole pubbliche e gli adulti dalle cariche pubbliche e dai locali pubblici, l’emarginazione. E’ stato un percorso graduale, che ha piegato psicologicamente le persone per poi passare all’eliminazione anche fisica.
Gloria: Ed è anche un libro sul Bene e sul Male. Il Male assoluto che riempiva tutto lo spazio, toglieva energia positiva, distruggeva i sogni e i progetti dell’uomo, il Male voleva l’uniformità, livellava tutti a numeri. E il Bene, fatto di piccoli gesti, come privarsi di una rotella di carota o massaggiare i piedi congelati a una compagna al ritorno nella baracca dopo aver spalato la neve a 20 gradi sottozero. Piccoli gesti che restituivano individualità e umanità. Il Bene era piccolo, ma molto difficile da annientare completamente.
Anna: I nazisti volevano la cancellazione dell’individualità, volevano isolare gli uni dagli altri, rompere i legami che hanno gli esseri umani tra loro, che poi sono la ‘sostanza’ dell’uomo. La coscienza è interpersonale.
6. Con tutti i libri che sono stati scritti su questo argomento, cosa portate voi di nuovo?
Gloria: Non avevamo intenzione di farne un libro e non ci siamo prefisse ‘l’originalità’.
Anna: non pensavamo all’effetto sul pubblico mentre intervistavamo gli ex deportati. E’ stato come un viaggio, un percorso…
Gloria: Conoscerli ha cambiato la nostra vita. Questo lavoro è stato per me un arricchimento.
7. Avete un messaggio per i lettori?
Gloria: approfondite, non vi fermate, bisogna conoscere il Male per combatterlo. Non si può dimenticare quello che una delle nazioni più evolute del mondo ha fatto. Ma non è che, con la fine del nazismo, si siano esaurite le possibilità di Male. Esso ha mille volti e bisogna essere vigili e non far finta che non stia succedendo niente (come allora, quando la gente, al passaggio degli ebrei deportati, chiudeva le finestre).
Anna: Auschwitz continua a uccidere. Molti sono i suicidi in tarda età. I figli dei sopravvissuti soffrono per Auschwitz, i nipoti soffrono ancora per il danno non risolto dei genitori e siamo solo alla terza generazione. Auschwitz è un veleno a rilascio prolungato e l’umanità continua a esserne condizionata. Uno dei messaggi è che la conoscenza non toglie la sofferenza, ma è il punto di partenza. Rimuovere non risolve, aumentare la consapevolezza permette almeno l’elaborazione.
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