Lo scoprirete a Montelfo, il paese più magico e fantastico del mondo. In un romanzo di sfrenata comicità. Stefano Benni monta un grande circo di creature indimenticabili: il Nonno Stregone, Ispido Manidoro, Trincone Carogna, Sofronia e Rasputin, Archimede detto Archivio, Frida Fon, lo gnomo Kinotto, il beato Inclinato, Simona Bellosguardo, il gargaleone e il cinfalepro, Fen il Fenomeno, Piombino, Raffaele Raffica, Alice, don Pinpon e don Mela, Zito Zeppa, la Jole, Gino Saltasù, il sindaco Velluti, Ottavio Talpa, Bubba Bonazzi, Bum Bum Fattanza, Nestorino e Gandolino, Sibilio Settecanal, Tramutone, la Mannara, Giango, i fratelli Sgomberati, Bingo Caccola e Tamara Colibrì, Maria Sandokan, Adelmo il Cupo, Checca e Caco.
Recensione
Il mio primo libro di Stefano Benni l'ho letto in meno di due giorni. Non è lunghissimo, poco meno di duecentocinquanta pagine, e mi ha lasciato soddisfatto.
Per chi è cresciuto in un piccolo paese dove i bar hanno clienti fissi e con soprannome e patronimico, dove chi arriva anche da una contrada vicina viene seguito con lo sguardo come un alieno finché non sparisce all'orizzonte, dove spesso c'è una passeggiata con belvedere su paesaggi non urbanizzati, leggere "Pane e tempesta" dà un brivido di nostalgia profonda: sembra di essere lì, in certe giornate d'estate, deserte, dove l'unico movimento d'aria è causato dalle carte della briscola o del tressette col morto. Montelfo potrebbe essere un qualunque villaggio collinare dell'Italia centro-meridionale.
In un susseguirsi di cornici concentriche dallo stile un po' barocco, quasi da "mille e una notte", come in una spirale, si precipita nella vita di un énsemble formato da una folla di personaggi, talora in disaccordo, spesso fuori tempo tra di loro. I racconti richiamano in vita episodi della seconda guerra mondiale, scene dell'Italia del boom economico e via a seguire, fino al vortice senza uscita dell'attuale crisi economica e politica.
Probabilmente molti dei motivi del Bar Sport, che fanno parte da tempo del repertorio dello scrittore, potrebbero risultare bolsi; a me hanno messo voglia di leggere altro di Benni. E poi c'è da chiedersi: ma un autore, se non cambia stile, risulta necessariamente ripetitivo?
Lasciandosi cullare dai racconti di nonno stregone si arriva dolcemente sul limitare del bosco, luogo della coscienza collettiva dove risiedono i misteri e le storie di una comunità, che, per quanto piccola e marginale, assume comunque un'identità propria. E la ricerca di quest'identità, diventata necessaria davanti alla minaccia che rischia di sostituire il piccolo e bisunto Bar Sport con un moderno centro commerciale, in stile "non luogo" alla Augè, trova la sua dimensione nel racconto dei racconti.
Come sostiene uno dei personaggi - nessuno dei quali viene troppo approfondito, perché altrimenti si perderebbe la coralità come funzione ineludibile del gruppo - se anche il Bar Sport, sede fisica della vita comune, dovesse soccombere e venire cancellato dall'incedere delle ruspe che incarnano una modernità spietata e spersonalizzata, non per questo verrebbero cancellati anche i legami che quel luogo ha testimoniato nella sua rassicurante e quotidiana monotonia. Finché rimarranno vivi nel cuore e nel racconto dei protagonisti, sopravviveranno a ogni avversità, a ogni tempesta.
Il racconto ci lascia sul limitare del bosco, tra il buio e la penombra di questo intrico di fronde e rami secolari, dove la natura ha ricoperto la strada asfaltata e ogni traccia umana, sull'orlo dell'ignoto. La scelta di varcare la soglia del ricordo attraverso il racconto, quella spetta solo al lettore.
Dettagli del libro
- Titolo: Pane e tempesta
- Autore: Stefano Benni
- Editore: Feltrinelli
- Data di Pubblicazione: 2009
- Collana: I Narratori
- ISBN-13: 9788807017919
- Pagine: 248
- Formato - Prezzo: Brossura, sovraccoperta - Euro 19,99
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