Le Interviste Impossibili
Le interviste impossibili furono un esperimento radiofonico che andò in onda su Radio Rai dal 1974 al 1975. Questo esperimento ebbe un grande successo, ed un notevole seguito. Le interviste impossibili sono dialoghi fantasiosi con uomini del passato o personaggi letterari. A tale progetto parteciparono i più grandi intellettuali del tempo, i dialoghi venivano recitati da attori famosi. E fu così che Umberto Eco intervistò Beatrice, Muzio Scevola e Pitagora, Italo Calvino dialogò con l'uomo di Neanderthal e Montezuma, e Manganelli ebbe l'onore di parlare con Tutankamon, Marco Polo e Nostradamus. Furono intervistati anche Attila, D'Annunzio, Cleopatra, Freud, Jack lo squartatore, Guglielmo Tell, e tenti altri personaggi realmente esistiti o nati dalla penna di qualche famoso scrittore per un totale di 82 interviste d'autore. Ancora oggi vengono proposte iniziative per ricordare quelle interviste impossibili o ne vengono proposte di nuove. Anche noi del Ghetto abbiamo deciso di intervistare nel nostro piccolo alcuni personaggi d'autore, non siamo di certo giornalisti o grandi intellettuali, ma siamo convinti che questa iniziativa potrebbe rivelarsi interessante e piacevole.
Il Personaggio
Siamo alla nostra prima intervista ma non per questo ci accontentiamo mica di poco, ebbene si, puntiamo in alto, molto in alto: siamo riusciti a programmare una intervista con Eugenie Grandet, omonima protagonista di un famoso romanzo di Balzac, considerata una dei maggiori personaggi della letteratura francese. Figlia di un padre padrone innamorato dei soldi, e di una madre soggiogata dal padre, Eugenie è l'emblema dell'ingenuità e della bontà. Non intendo anticiparvi altro perché altrimenti l'intervista sarebbe pressoché inutile. Ecco tutto. Non possiamo fare altro che augurarvi una buona lettura.
L'Intervista
Raimondo Torrismondo: Abbiamo oggi l’onore di poter porre qualche domanda ad uno dei maggiori personaggi della letteratura francese: la deliziosa e soave Eugenie Grandet. Salve Madame Grandet!
Eugenie Grandet: Salve, signore. Scusi l’emozione, ma non capita mica tutti i giorni di essere intervistata, sa mio padre non mi ha mai dato il permesso di rilasciare interviste…
T: Abbiamo impegnato validi argomenti per convincerlo, o perlomeno abbiamo impegnato buona parte del budget a nostra disposizione. Ma lasciamo stare la parte economica. Mi parli un po’ di Saumur…
G: Non penso affatto di essere la persona adatta a descrivere questo paese tanto ammirato dagli antiquari e dagli artisti. È vero, vi sono nata, ma non conosco nulla, oltre la casa dove abito con i miei genitori, la chiesa in cui mi reco ogni santa domenica, e la strada che percorro per raggiungerla. Potete d'altronde chiedere al mio buon babbo, che ne è stato sindaco e che ne è proprietario di una buona parte.
T: Mi sa proprio che i nostri fedeli lettori dovranno arrangiarsi in qualche altro modo se vorranno scoprire le beltà di questo paese. Ma andiamo avanti. A quanto pare le migliori famiglie di Saumur vedevano nella piccola Grandet delle immense qualità, tanto da fare di tutto per aggiudicarsi la sua preziosa (in ogni senso) mano. Lei cosa ne pensava del suo matrimonio?
G: Ma io se devo essere sincera, non c’avevo mica mai pensato al matrimonio! So solo che il mio compito era quello di tessere il mio bel corredo, al resto ci avrebbe pensato il babbo che avrebbe di certo fatto la scelta giusta per me. Sia i Cruchot che i Des Grassins mi hanno sempre trattato bene, evidentemente avevano sin da allora capito che sono una gran donna con tante belle qualità.
T: Sicuramente sarà per questo. Ma passiamo al giorno del suo ventitreesimo compleanno. Tutto stava andando come al solito, Grandet, Cruchot e des Grassins seduti attorno al tavolo a giocare a tombola, quando, toc toc, si sente bussare alla porta, ed è così che entrò a far parte della sua vita suo cugino Charles…
G: Ricordo ancora quel momento, salutò tutti con una grazia da vero parigino, mica come noi borghesucci di provincia. Mi sentii rinascere, fu un vero colpo di fulmine.
T: Tant’è che si adoperò al meglio per rendere il soggiorno del cugino in casa Grandet il più confortevole possibile, agendo impavidamente di nascosto al suo dispotico padre…
G: Beh almeno lei mi capirà, il mio caro cugino veniva dalla grande Parigi, abituato al gran lusso non potevamo mica accoglierlo come un normale ospite di provincia?
T: Se lo dice lei… Ma non dobbiamo dimenticare il motivo che portò suo cugino a Saumur…
G: Povero cugino, il padre si era suicidato e quel che è peggio era anche fallito, sarebbe partito per le indie a mani vuote a cercar fortuna, poveretto, mi vien da piangere al sol pensiero. Povero cugino!
T: Ad ogni modo, seguirono passeggiate melanconiche, baci rubati, promesse di matrimonio, e poi Charles partì per le Indie.
G: Il periodo più bello della mia vita…
T: Non v’è nell’uomo gioia che non derivi dall’ignoranza diceva qualcuno che lei dovrebbe ben conoscere (ndr, Balzac). Non pensa che suo cugino potesse essere semplicemente un altro aspirante alla sua ricchezza?
G: No non credo proprio, mio cugino provava un sincero e forte sentimento nei miei confronti, ed io avrei fatto e farei di tutto per lui…
T: Anche offrirgli i risparmi di tutta una vita, ed andare incontro alla diseredazione di suo padre…
G: Abbassi la voce per carità non si faccia sentire da mio padre, non lo vorrà mica far morire una seconda volta? Dovevo pur fare qualcosa per aiutare il mio amato cugino in difficoltà, e poi cosa sono i soldi quando c’è un sentimento così grande?
T: Probabilmente ha ragione. Seguì un periodo buio, diseredata dal padre, la madre si spense lentamente per l’incapacità di reagire al dispotismo del marito, un riavvicinamento di suo padre dovuto con ogni probabilità a questioni ereditarie ed infine la morte di suo padre, invasato fino all’ultimo sospiro dal demone dell’avarizia…
G: Si fu davvero un brutto periodo, in più mio cugino non mi scrisse nemmeno una lettera. Rimasi quindi sola con Nanon.
T: Charles stette via sette anni, voi due avete affrontato in maniera molto diversa questi sette anni di attesa, lei, novella Penelope, respingendo le continue dimostrazioni di affetto dei Cruchot, mentre suo cugino tra orge, avventure di ogni specie e tratta degli schiavi, sembrava averla dimenticata…
G: Penso siano solo malignità queste…
T: Si ma fu una lettera arrivata da Parigi a segnare il suo destino, suo cugino, definito malignamente da alcuni critici un arrampicatore sociale, si sarebbe sposato con una marchesa…
G: Non posso che condividere la sua scelta, io non sono mai stata alla sua altezza, non avvezza al lusso ed alla mondanità parigina. Sono molto felice per lui.
T: Mi permetta di offrirle il mio fazzoletto per asciugarsi le lacrime…
G: Grazie! Deve sapere che mi emoziono sempre ai matrimoni, e queste non sono altro che lacrime di felicità.
T: Ne sono pienamente convinto. Fatto è che, come è cristianamente dovuto, si sposò, cedendo finalmente alla corte crusciottiana; ma al contrario di quanto previsto dagli stessi, questo finì per arricchire le casse della presto vedova, Madame Grandet. Divenne insomma ricchissima…
G: Ma cosa me ne potevo fare io della ricchezza, quando il mio cuore era spezzato, quando quelli che mi circondavano lo facevano e ancora lo fanno, ormai l’ho capito, solo per i miei soldi, quando l’unica che mi vuole realmente bene è la mia povera Nanon?
T: Ottimo spunto di riflessione Madame Grandet! Invito anche i nostri amati lettori a riflettere sulla domanda postami dalla signora Grandet. Vorrei però farle prima di salutarla un’ultima domanda? Ha mai letto qualche libro di Balzac?
G: Non leggo tali sciocchezze, mio padre dice che leggere non fa guadagnare nulla. Ma ad ogni modo non avrei letto un libro talmente sciocco, in cui (me lo ha riferito Nanon, che legge questa bazzecole) la protagonista è una ragazza ingenua e sciocca, mica come me!
T: Perfetto è stato un piacere ed un onore parlare con lei, a nome di tutti i nostri lettori la ringraziamo per il tempo dedicatoci e le auguriamo una buona giornata.
G: Io se lo desidera sono sempre qui a filare, circondata dai soliti avventori che sognano la mia agognata dote. Arrivederci!
Articolo di Raimondo Torrismondo
Le interviste impossibili furono un esperimento radiofonico che andò in onda su Radio Rai dal 1974 al 1975. Questo esperimento ebbe un grande successo, ed un notevole seguito. Le interviste impossibili sono dialoghi fantasiosi con uomini del passato o personaggi letterari. A tale progetto parteciparono i più grandi intellettuali del tempo, i dialoghi venivano recitati da attori famosi. E fu così che Umberto Eco intervistò Beatrice, Muzio Scevola e Pitagora, Italo Calvino dialogò con l'uomo di Neanderthal e Montezuma, e Manganelli ebbe l'onore di parlare con Tutankamon, Marco Polo e Nostradamus. Furono intervistati anche Attila, D'Annunzio, Cleopatra, Freud, Jack lo squartatore, Guglielmo Tell, e tenti altri personaggi realmente esistiti o nati dalla penna di qualche famoso scrittore per un totale di 82 interviste d'autore. Ancora oggi vengono proposte iniziative per ricordare quelle interviste impossibili o ne vengono proposte di nuove. Anche noi del Ghetto abbiamo deciso di intervistare nel nostro piccolo alcuni personaggi d'autore, non siamo di certo giornalisti o grandi intellettuali, ma siamo convinti che questa iniziativa potrebbe rivelarsi interessante e piacevole.
Siamo alla nostra prima intervista ma non per questo ci accontentiamo mica di poco, ebbene si, puntiamo in alto, molto in alto: siamo riusciti a programmare una intervista con Eugenie Grandet, omonima protagonista di un famoso romanzo di Balzac, considerata una dei maggiori personaggi della letteratura francese. Figlia di un padre padrone innamorato dei soldi, e di una madre soggiogata dal padre, Eugenie è l'emblema dell'ingenuità e della bontà. Non intendo anticiparvi altro perché altrimenti l'intervista sarebbe pressoché inutile. Ecco tutto. Non possiamo fare altro che augurarvi una buona lettura.
L'Intervista
Raimondo Torrismondo: Abbiamo oggi l’onore di poter porre qualche domanda ad uno dei maggiori personaggi della letteratura francese: la deliziosa e soave Eugenie Grandet. Salve Madame Grandet!
Eugenie Grandet: Salve, signore. Scusi l’emozione, ma non capita mica tutti i giorni di essere intervistata, sa mio padre non mi ha mai dato il permesso di rilasciare interviste…
T: Abbiamo impegnato validi argomenti per convincerlo, o perlomeno abbiamo impegnato buona parte del budget a nostra disposizione. Ma lasciamo stare la parte economica. Mi parli un po’ di Saumur…
G: Non penso affatto di essere la persona adatta a descrivere questo paese tanto ammirato dagli antiquari e dagli artisti. È vero, vi sono nata, ma non conosco nulla, oltre la casa dove abito con i miei genitori, la chiesa in cui mi reco ogni santa domenica, e la strada che percorro per raggiungerla. Potete d'altronde chiedere al mio buon babbo, che ne è stato sindaco e che ne è proprietario di una buona parte.
T: Mi sa proprio che i nostri fedeli lettori dovranno arrangiarsi in qualche altro modo se vorranno scoprire le beltà di questo paese. Ma andiamo avanti. A quanto pare le migliori famiglie di Saumur vedevano nella piccola Grandet delle immense qualità, tanto da fare di tutto per aggiudicarsi la sua preziosa (in ogni senso) mano. Lei cosa ne pensava del suo matrimonio?
G: Ma io se devo essere sincera, non c’avevo mica mai pensato al matrimonio! So solo che il mio compito era quello di tessere il mio bel corredo, al resto ci avrebbe pensato il babbo che avrebbe di certo fatto la scelta giusta per me. Sia i Cruchot che i Des Grassins mi hanno sempre trattato bene, evidentemente avevano sin da allora capito che sono una gran donna con tante belle qualità.
T: Sicuramente sarà per questo. Ma passiamo al giorno del suo ventitreesimo compleanno. Tutto stava andando come al solito, Grandet, Cruchot e des Grassins seduti attorno al tavolo a giocare a tombola, quando, toc toc, si sente bussare alla porta, ed è così che entrò a far parte della sua vita suo cugino Charles…
G: Ricordo ancora quel momento, salutò tutti con una grazia da vero parigino, mica come noi borghesucci di provincia. Mi sentii rinascere, fu un vero colpo di fulmine.
T: Tant’è che si adoperò al meglio per rendere il soggiorno del cugino in casa Grandet il più confortevole possibile, agendo impavidamente di nascosto al suo dispotico padre…
G: Beh almeno lei mi capirà, il mio caro cugino veniva dalla grande Parigi, abituato al gran lusso non potevamo mica accoglierlo come un normale ospite di provincia?
T: Se lo dice lei… Ma non dobbiamo dimenticare il motivo che portò suo cugino a Saumur…
G: Povero cugino, il padre si era suicidato e quel che è peggio era anche fallito, sarebbe partito per le indie a mani vuote a cercar fortuna, poveretto, mi vien da piangere al sol pensiero. Povero cugino!
T: Ad ogni modo, seguirono passeggiate melanconiche, baci rubati, promesse di matrimonio, e poi Charles partì per le Indie.
G: Il periodo più bello della mia vita…
T: Non v’è nell’uomo gioia che non derivi dall’ignoranza diceva qualcuno che lei dovrebbe ben conoscere (ndr, Balzac). Non pensa che suo cugino potesse essere semplicemente un altro aspirante alla sua ricchezza?
G: No non credo proprio, mio cugino provava un sincero e forte sentimento nei miei confronti, ed io avrei fatto e farei di tutto per lui…
T: Anche offrirgli i risparmi di tutta una vita, ed andare incontro alla diseredazione di suo padre…
G: Abbassi la voce per carità non si faccia sentire da mio padre, non lo vorrà mica far morire una seconda volta? Dovevo pur fare qualcosa per aiutare il mio amato cugino in difficoltà, e poi cosa sono i soldi quando c’è un sentimento così grande?
T: Probabilmente ha ragione. Seguì un periodo buio, diseredata dal padre, la madre si spense lentamente per l’incapacità di reagire al dispotismo del marito, un riavvicinamento di suo padre dovuto con ogni probabilità a questioni ereditarie ed infine la morte di suo padre, invasato fino all’ultimo sospiro dal demone dell’avarizia…
G: Si fu davvero un brutto periodo, in più mio cugino non mi scrisse nemmeno una lettera. Rimasi quindi sola con Nanon.
T: Charles stette via sette anni, voi due avete affrontato in maniera molto diversa questi sette anni di attesa, lei, novella Penelope, respingendo le continue dimostrazioni di affetto dei Cruchot, mentre suo cugino tra orge, avventure di ogni specie e tratta degli schiavi, sembrava averla dimenticata…
G: Penso siano solo malignità queste…
T: Si ma fu una lettera arrivata da Parigi a segnare il suo destino, suo cugino, definito malignamente da alcuni critici un arrampicatore sociale, si sarebbe sposato con una marchesa…
G: Non posso che condividere la sua scelta, io non sono mai stata alla sua altezza, non avvezza al lusso ed alla mondanità parigina. Sono molto felice per lui.
T: Mi permetta di offrirle il mio fazzoletto per asciugarsi le lacrime…
G: Grazie! Deve sapere che mi emoziono sempre ai matrimoni, e queste non sono altro che lacrime di felicità.
T: Ne sono pienamente convinto. Fatto è che, come è cristianamente dovuto, si sposò, cedendo finalmente alla corte crusciottiana; ma al contrario di quanto previsto dagli stessi, questo finì per arricchire le casse della presto vedova, Madame Grandet. Divenne insomma ricchissima…
G: Ma cosa me ne potevo fare io della ricchezza, quando il mio cuore era spezzato, quando quelli che mi circondavano lo facevano e ancora lo fanno, ormai l’ho capito, solo per i miei soldi, quando l’unica che mi vuole realmente bene è la mia povera Nanon?
T: Ottimo spunto di riflessione Madame Grandet! Invito anche i nostri amati lettori a riflettere sulla domanda postami dalla signora Grandet. Vorrei però farle prima di salutarla un’ultima domanda? Ha mai letto qualche libro di Balzac?
G: Non leggo tali sciocchezze, mio padre dice che leggere non fa guadagnare nulla. Ma ad ogni modo non avrei letto un libro talmente sciocco, in cui (me lo ha riferito Nanon, che legge questa bazzecole) la protagonista è una ragazza ingenua e sciocca, mica come me!
T: Perfetto è stato un piacere ed un onore parlare con lei, a nome di tutti i nostri lettori la ringraziamo per il tempo dedicatoci e le auguriamo una buona giornata.
G: Io se lo desidera sono sempre qui a filare, circondata dai soliti avventori che sognano la mia agognata dote. Arrivederci!
Articolo di Raimondo Torrismondo
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